Quel ragazzo russo che divenne Man Ray

Man Ray è un’icona della storia dell’arte, la più riconoscibile insieme a Picasso, Caravaggio o Andy Warhol. Man Ray è il Surrealismo, il Simbolismo, il Dadaismo, l’audacia che trova nella ricerca la sua massima espressione. Man Ray è un poster, è un occhio che piange lacrime cosmetiche, è una diva del cinema muto dai lunghi capelli spioventi, la testa riversa a guardare il mondo da sotto in su. Come fece sempre chi in quell’istante eterno la inquadrava, spensierato ma mai indifferente a fatti e mutazioni, proprio come recita il titolo dell’ampia retrospettiva che gli dedica il Museo d’Arte della Provincia di Nuoro, con opere provenienti dal «Man Ray Trust» di New York.
Una mostra di grande richiamo, nonostante la sede decentrata, perché presenta un gran numero di opere e oggetti inediti. Intorno a Man Ray, da sempre, studi di ogni genere, oltre a un’industria fatta di mostre, cataloghi, aste milionarie, gadget commemorativi d’ogni sorta, articoli e fiumi di parole spese per spiegare l’insondabile della sua creatività. A volte si trattò perfino di speculazioni, di scandali che si moltiplicarono dopo la sua scomparsa con trafugamenti di pezzi originali e diffusione di stampe non autorizzate o di dubbia autenticazione.
L’esplorazione proposta a Nuoro è di qualità. Si potrebbe pensare all’ennesimo tentativo di consacrarlo, invece qui si va oltre. Sono presentati pezzi appartenenti a una collezione seconda sola al vasto archivio del «Centre Pompidou» parigino, finita in America negli anni ’90 e da allora raramente esposta. Oltre quattromila opere che rappresentano le diverse fasi di attività dell’artista. Accanto a capolavori famosi, la produzione giovanile, i documenti privati, i bozzetti, gli effetti personali come la bombetta, gli anelli che portava, i bastoni da passeggio, i gioielli realizzati per la moglie Juliet. E poi lettere, disegni, manoscritti, invenzioni visionarie, in una rassegna che si concentra sulle rarità e che si suddivide nelle quattro sezioni che riprendono i momenti più importanti della sua carriera: New York, Parigi, Los Angeles e di nuovo Parigi.
Ritrattista di Max Ernst, Joan Mirò, James Joyce, Marcel Duchamp e molti contemporanei, Man Ray è anche mistero. Pochi conoscono il vero nome di questo genio nato a Philadelphia nel 1890. Si chiamava Emmanuel Radnitzky, figlio di umili emigranti russi che non assecondavano la sua inclinazione artistica. Dipingeva in segreto, rubando tubetti di colore in un negozio. Attirato da musei e gallerie, finì in quella di Alfred Stieglitz, dove imparò a considerare arte anche la fotografia e, per mezzo di questa, a trasformarsi in una leggenda. Tra i suoi lavori, anche una trapunta fatta con 110 campioni di tessuto appuntati su una tela. Sperimentò ogni cosa, ogni linguaggio e mezzo, protagonista di un tempo di grandi fermenti che lui seppe interpretare in maniera prodigiosa. Morì il 18 novembre 1976. Venne sepolto nel cimitero di Montparnasse.

Il suo epitaffio, voluto dalla moglie che ora riposa con lui, recita: «Incurante, ma non indifferente».

LA MOSTRA
«Man Ray». Nuoro, Museo d’Arte della Provincia. Catalogo Silvana Editoriale. Info: tel. 0784252110.

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