Quel sultano che vive da ergastolano

Le tristi vacanze blindate del sovrano dell'Oman a Palermo. Ingabbiato dalle cerimonie e blindato nel suo lusso, Bid Said non ha nemmeno visitato Palermo. Ma che cosa ci è venuto a fare? Circondato da questuanti, li ha trattati tutti da sudditi

Quel sultano che vive da ergastolano

Era arrivato a Palermo una decina di giorni fa, annunciato da una grande barca, ammirata da tutti i palermitani come il Rex in «Amarcord» di Fellini. Tutti sulla riva a guardare, a indicare il miraggio, di potere e danaro, apparso in un’estate senza sorprese. In Sardegna le ricchezze ostentate alla Briatore quest’anno hanno destato indignazione. In Sicilia, meno abituata allo sfarzo mondano della costa Smeralda, c’è stata più indulgenza e anche sana invidia, e ammirazione, per il lusso, questa volta manifestato senza ritegno, senza limiti e senza pudore, fino alla distribuzione immotivata di regalìe per gli umili e per i potenti, senza distinzioni, a dimostrare una superiorità riconosciuta e indiscussa. Poi, appena prima di ferragosto, S. è ripartito misteriosamente.
Naturalmente S. non è arrivato in barca. L’ha mandata avanti e poi l’ha raggiunta con il suo aereo personale, più grande di quello di Berlusconi. S. è un capo di Stato e ha scelto non di venire in visita ma di venire in vacanza a Palermo, nota per la sua bellezza, per la sua storia e per i suoi monumenti. S. viene da un Paese molto ricco ma con poca storia e abita in un palazzo moderno in una città completamente nuova prossima al deserto. Dunque ha fatto una scelta felice venendo a Palermo. In una settimana potrebbe aver visto molti luoghi e cose meravigliosi. A Palermo c’è la Cappella Palatina, il Palazzo dei Normanni con mosaici meravigliosi. S. non l’ha vista. A Palermo c’è la Cattedrale con le tombe degli Svevi. S. non le ha viste. A Palermo ci sono la Cuba, la Zisa, San Giovanni degli Eremiti, la Magione, testimonianze superbe di civiltà araba. S., pur potendole trovare familiari, non le ha viste. A Palermo ci sono sontuosi palazzi barocchi: Palazzo Aiutamicristo, Palazzo Butera, Palazzo Gangi, dove Visconti girò la scena del ballo del «Gattopardo». Probabilmente S. non ha mai visto un palazzo più bello. Ma, intanto, non ha visto neanche questo. A Palermo ci sono musei inevitabili, il museo archeologico con le metope di Selinunte, il Palazzo Abatellis con i capolavori di Antonello e Van Dyck e lo straordinario affresco con il trionfo della morte. S. non li ha visti. E poi, poco lontano da Palermo, ci sono Monreale e Cefalù con le loro cattedrali e i mosaici splendenti. S. non le ha viste. A poca distanza, nella vicina provincia di Trapani, ci sono le più alte testimonianze della civiltà antica, della Magna Grecia, Segesta e Selinunte; e poi Erice, Castelvetrano, Marsala, l’isola di Mozia, Mazara del Vallo e poi Salemi, di cui io sono sindaco, con il quartiere arabo «rabato» ancora integro. S. non le ha viste. Nessuno gliene ha parlato. Nessuno lo ha accompagnato.
Eppure, a lui e al suo ambasciatore si sono avvicinati il presidente della Regione Siciliana Raffaele Lombardo e altri dignitari cui S. ha donato un Rolex d’oro come avrebbe fatto con le sue concubine. Loro sono andati da lui, lo hanno omaggiato, hanno decorosamente ottenuto finanziamenti per ospedali e per il conservatorio di Palermo. Sono stati trattati con grazia come sudditi. S. non è mai uscito dalle sue stanze. Ha visto soltanto il tratto che unisce Punta Raisi con Palermo, passando distrattamente davanti alla stele che commemora Falcone e Borsellino. S. è salito sulla sua grande barca e non è più sceso fino a ieri. Ma perché S. è venuto a Palermo? Non poteva stare a casa sua o in barca in un golfo più vicino? In realtà S. non è venuto a vedere Palermo ma a farsi vedere a Palermo. Ed è stata una grande attrazione turistica per i palermitani. I quali, indifferenti ai monumenti greci, arabi, normanni, bizantini, medievali, barocchi sono stati entusiasti di vedere questo orribile barcone con piste per elicotteri e, dicono, anche giardini, che rappresentava il simbolo del potere assoluto e anche esotico. S. si è sacrificato per il loro divertimento. Umiliandoli, potenti locali compresi, anche un po’. Con grazia.
S. è il sultano dell’Oman, Paese ricco e triste, con grandi giacimenti di petrolio e grandi deserti. Un sultano a Palermo! Come «Il turco in Italia» di Rossini. Ma quale sarà la felicità di un sultano se non può, o non vuole, vedere le bellezze di Palermo? Blindato nella pur comoda cabina del suo enorme ferro da stiro sembra più un ergastolano che un sultano. Prigioniero della sua ricchezza e delle sue cerimonie che non gli consentono di apparire se non con particolari liturgie, e non certamente in vacanza.

Così è costretto a inviare nei migliori alberghi, le Palme, Villa Igea, Principe di Villafranca i suoi delegati, i suoi rappresentanti che hanno certamente goduto le meraviglie della città, le sue notti, il fascino anche arabo di Palermo; e se ne sta chiuso in casa (o in barca). Povero sultano. Poteva starsene in Oman e non si sarebbe accorto della differenza.
Vittorio Sgarbi

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