Quelle notiziole che cambiano il mondo

Si può partecipare ai destini del mondo? Calma: non mi metto a commentare il pensiero di qualche filosofo. Più semplicemente mi chiedo se un normale cittadino, interessato a quello che succede intorno a lui, possa formarsi un’opinione e confrontare, discutere il proprio punto di vista. Altrettanto semplicemente si può rispondere che ciò è possibile proprio attraverso la lettura dei giornali, l’ascolto della televisione. È possibile, però fino a un certo punto e qui nasce - con il problema - la domanda iniziale.
Per esempio: donne in piazza per difendere, come dicono loro, la legge 194. Fiumi di inchiostro e valanghe di parole per commentare l’avvenimento. Leggo, ascolto e guardo: mi faccio un’opinione, la discuto con chi voglio io, eccetera eccetera.
Stessi fiumi e stesse valanghe per le banche, la politica degli affari, le cooperative che non fanno le cooperative. Tutti noi disponiamo di una tale quantità di resoconti e commenti che non è difficile costruirci un punto di vista più che accettabile.
Sono fatti così importanti da poter dire che anche noi partecipiamo alla conoscenza dei destini del mondo? In un certo senso si può rispondere affermativamente anche se, in realtà, tutto dipende dalla gerarchia di valori che stabiliamo in merito ai fatti che accadono.
Per esempio: ogni tanto si può trovare una notizietta sul presidente dell’Iran che, sia pure con quell’aria dimessa da sembrare un extracomunitario al semaforo pronto per pulire il parabrezza della macchina, minaccia l’esistenza dello Stato di Israele. Dispone di energia nucleare, è in grado di costruire la bomba atomica e può incenerire sei milioni di ebrei, giusto per fare cifra tonda e non essere da meno del suo illustre predecessore tedesco.
Si riunisce il Consiglio di sicurezza dell’Onu, discutono del problema tutte le diplomazie del mondo, emerge che le tensioni del fondamentalismo islamico non si riescono a portare all’interno della razionalità politica... Di tutto questo solo qualche notizietta, e ogni tanto. Eppure non è un problema di secondo piano: si tratta invece di un tipico problema che ci consentirebbe di partecipare ai destini del mondo, qualora fossimo in grado di formarci una valida opinione, discuterla, confrontarla.
Perché un avvenimento di tale rilevanza sulla scena mondiale non si riesce a farlo diventare un fatto decisivo delle nostre discussioni politiche? Perché non si riesce a metterlo in cima alla gerarchia dei problemi politici da dibattere? Perché viene considerato meno importante di un singhiozzo di Fassino?
Nessuno, in cuor suo, può ritenere che siano più significativi gli imbrogli delle cooperative rispetto a ciò che accade in Iran. E invece è proprio così osservando lo spazio che viene dato a un fatto rispetto a un altro.
Certamente, l’Italia ha una lunga storia di rinunce in politica estera e appena Berlusconi cerca di cambiare questa tendenza viene preso in giro, e si preferisce puntare soltanto sul trasferimento al Parlamento di Bruxelles delle funzioni nazionali in campo internazionale. Inghilterra, Germania, Francia, che attraverso la propria storia sanno quale grande valore sia il contare nel mondo proprio come nazione, mettono al centro del loro dibattito le problematiche internazionali sulle quali intervengono con un proprio punto di vista. Se anche noi non ci muoviamo in questa prospettiva saremo sempre subalterni alle decisioni fondamentali, quelle, appunto, da cui dipendono i destini del mondo.


La stampa nazionale deve aiutarci a compiere questo cammino, uscendo dal piccolo gioco di interessi dell’establishment politico-finanziario, guidando l’opinione pubblica a formarsi una propria consapevolezza dei veri problemi su cui si decidono le sorti del mondo.

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