Quelle «ombre rosse» dietro l'atomica americana

Un volume ripercorre la vicenda di Julius ed Ethel Rosenberg, i coniugi ebrei immigrati negli Stati Uniti e condannati alla sedia elettrica nel 1953 perché ritenuti spie russe che avrebbero trasmesso all'ex Urss i segreti americani sulla costruzione delle bombe

Il titolo è quello di un celeberrimo film di John Ford, ma con quella pellicola e quelle vicende il volume del giornalista milanese Giorgio Ferrari non c'entra nulla. Anticipato e presentato come romanzo «Ombre rosse» (Booktime, pp.189, 16 euro) riporta alla luce con dovizia di particolari, dettagli, ricerca bibliografica e iconografica un caso rimasto nella storia recente degli Stati Uniti, ovvero la cospirazione (vera o presunta?) di due coniugi ebrei, Julius ed Ethel Rosenberg. Il volume ripercorre l'intera storia della coppia, fin dal loro arrivo negli Stati Uniti per concludersi con il tragico epilogo della condanna a morte sulla sedia elettrica avvenuta nel giugno del 1953.
Il racconto è preciso, avvincente, costruito con sapienza narrativa ed espositiva e pecca solo in un particolare che, vivaddio, rivela però la natura dell'autore «nato» come giornalista vero: la tesi dell'innocentismo dei coniugi Rosenberg non riesce a convincere il lettore. Insomma, una volta tanto, il cronista narra i fatti e lascia al lettore le conclusioni. Chi ha in mano la penna non è, o almeno non sembra, un tifoso che prende in quota una delle parti in causa, la coppia ebrea da un lato e il governo degli Stati Uniti dall'altro.
Ne esce così un quadro che rievoca la cornice sociale e politica degli Usa del secondo dopoguerra, le tensioni della guerra fredda, almeno nei suoi albori, la difficoltà di rapporti politici tesissimi costruiti su segreti scientifici, sull'iniziale corsa agli armamenti. E proprio su questo terreno incappano i due Rosenberg accusati di aver passato a spie russe i segreti delle bombe costruite in America dopo il lancio dell'atomica su Hiroshima e Nagasaki. Una colpa che gli Stati Uniti non perdonano e da qui esce la sentenza più dura contro due coniugi ebrei sposati con figli e di umilissime condizioni ed origini: la condanna a morte con l'unica possibilità di revoca e sconto di pena in caso di rivelazioni sui complici del loro complotto anti-americano.
I due tuttavia non si pentono, continuano a ritenersi innocenti e sostengono di non aver alcun complice. Dopo una battaglia legale combattuta a suon di ricorsi da parte degli avvocati difensori e richieste di grazia a Truman prima e Eisenhower poi, entrambe declinate, Julius ed Ethel finiscono giustiziati nonostante le molte manifestazioni di protesta in loro difesa dentro e fuori gli Stati Uniti. Una storia che si sarebbe ripetuta nei decenni successivi in mille altre controversie e che, già all'epoca dei Rosenberg aveva avuto illustri precedenti negli anarchici italiani Sacco e Vanzetti giustiziati a Boston nel '27.
Alla fine delle centonovanta pagine resta un solo dubbio: saranno stati colpevoli i due Rosenberg oppure avevano ragione a reclamare la loro estraneità ai fatti? Non emergono infatti concetti circostanziati in base ai quali convincersi dell' innocenza dei coniugi ebrei. Obiettivamente non sembra sufficiente puntare sulla modestia delle loro origini e del loro lavoro come prova specifica per l'assoluzione.

Il teorema «non potevano essere stati loro» non basta a spiegarne le ragioni con convinzione e, sotto questo aspetto, il lettore si imbatte nel tentativo di mettere in buona luce i Rosenberg sulla base più di una pietà umana che di effettiva motivazioni concrete.

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