Quelli che protestano: va bene il cantiere ma a casa degli altri

Movida, rumori, smog: a Milano fioriscono i comitati di residenti che per mestiere protestano contro qualunque cosa. L’ultima contestazione in piazza Castello, dove l’Atm deve abbattere 15 alberi malati per migliorare il percorso dei tram

Non si fa a tempo a torcere una foglia a un albero (malato) che zac, è già nato un comitato pronto a scendere in strada per protestare. L’ultimo episodio è quello di piazza Castello, dove Atm, per riqualificare il percorso del tram 4, ha deciso di intervenire sui binari e di abbattere 15 alberi malati lungo il tragitto. Non importa se cambiare il percorso del tram riduce i rumori in centro e aumenta la frequenza delle corse. I residenti manifestano comunque. Per salvare gli alberi su cui hanno parcheggiato per anni, fregandosene, fino a distruggerne le radici. Quel che conta è protestare, quasi lo facessero di mestiere.
L’abitudine è ben consolidata a Milano dove i lamentoni di professione ce l’hanno con tutti i con tutto, come un tritacarne continuo. Sempre. Con un rischio: far morire la città. Niente rumore, niente tavolini all’aperto nei locali, niente giovani in piazza, niente musica. Si lamentano perché in città non si trova un buco in cui parcheggiare e poi protestano se viene costruito un parcheggio. Per salvare gli alberi hanno manifestato in tanti. Le sciure di piazza Risorgimento, scese in piazza con i cartelli, e i comitati di piazza Aspromonte che alla fine sono riusciti a salvare le loro piante.
Tra gli stakanovisti della protesta ci sono quelli di San Siro Vivibile. Da anni lottano contro cinque serate in croce di concerti estivi allo stadio e sono perfino riusciti a far fuggire Bruce Springsteen. Quelli delle Colonne di San Lorenzo chiedono a gran voce una cancellata, che sarebbe un pugno in un occhio davanti a una delle basiliche più belle della città. E poi ci sono gli ambientalisti anti smog che quest’anno sono perfino riusciti a far iscrivere Formigoni, Podestà e il sindaco Moratti nel registro degli indagati «per reato ambientale».
Lecito il diritto di protestare, ma tra ricorsi al Tar, diffide, esposti e denunce, un gruppetto di cittadini rischia di paralizzare le attività a favore di un’intera città. E spesso i ricorsi sono motivati da cavilli burocratici, da aghi nel pagliaio e pure formalità, niente di più. A Sant’Ambrogio si trascina da anni l’odissea del parcheggio sotterraneo di cinque piani, con 320 posti auto privati e 200 a rotazione. A Linate, i comitati della periferia del Forlanini hanno chiesto più volte di fermare i decolli al grido di «Basta aerei sulle nostre teste».
Tra le proteste più recenti, quella dell’Arco della Pace, dove i residenti sono riusciti a ottenere la zona a traffico limitato, pronta a decollare all’inizio di luglio. Una zona che rende tutti insoddisfatti, dai commercianti ai gestori dei locali, che rischia di far crollare il giro di affari del quartiere e che accontenta solo i residenti. L’associazione antimovida ProArcoSempione ce l’ha messa tutta per ottenere il coprifuoco e far chiudere presto i locali notturni. E se l’è presa con i Comune, chiedendo interventi forti.

Ma se Palazzo Marino non ha dato seguito alle richieste avanzate è perché la strada è già stata percorsa inutilmente per altri esercizi commerciali. L’iter intrapreso è stato giudicato fallimentare a causa della decisione del Tar di annullare i provvedimenti comunali emessi, costringendo l’amministrazione al ricorso al Consiglio di Stato.

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