Di nuovo Cannavaro. L’errore che mette l’Italia nei guai è una palla che sfugge dal petto. Goffo, Fabio. Impacciato. E ora noi condannati a vincere. Quel gol forse è in fuorigioco, ma lui sembra comunque l’imitatore comico di se stesso. Campione del mondo, Pallone d’oro, Can-na-va-ro: quello che ci ricordiamo non c’è più. L’età s’è presa la lucidità, la forza, la voglia. La Nuova Zelanda non ha fatto niente? Ecco è peggio: hanno fatto un tiro e mezzo in porta. Sul mezzo hanno segnato, sull’altro quasi. Sempre Cannavaro, saltato da Wood come se quello fosse il fenomeno e Fabio l’esordiente. Ha 18 anni il neozelandese, il capitano dell’Italia ne ha 37. Siamo una Nazionale stempiata. Siamo un’Italia pensionabile. L’età ci condanna a rincorrere quelli più giovani anagraficamente e atleticamente. Il fiatone non è soltanto la fatica fisica che arriva, ma è la lucidità che svanisce.
Dicono che serva l’esperienza. Perché? La Spagna, l’Argentina, l’Olanda hanno una proporzione tra giovani e vecchi opposta rispetto alla nostra. E poi nella prima partita gli unici a salvarsi sono stati Zambrotta, Criscito, Montolivo e Pepe: uno della vecchia Italia e tre della nuova. Ieri idem: ancora Zambrotta, poi Montolivo e Pepe, nonostante la cervellotica sostituzione. Ce li abbiamo i giovani, ma non abbiamo coraggio di buttarli dentro. Cos’è, sempre la stessa retorica del «non possiamo bruciarli»?. Si rovinano di più in panchina: se quest’Italia dovesse fallire faranno parte anche loro del fallimento. Incolpevoli e condannati. Il campionato ha raccontato che è finita l’era dei Cannavaro. Ancora lui, certo. Non è un’ossessione, solo che lui è il simbolo. Abbiamo un debito di riconoscenza nei suoi confronti che ci porteremo appresso per decenni: «Alza la Coppa, capitano». Però era quattro anni fa. Quattro. Tanti, forse troppi. Vederlo arrancare contro gli attaccanti della Nuova Zelanda è un supplizio, rischia di cancellare la bellezza del passato, la grandezza del mondiale di Germania. Quello era Cannavaro non questo. Quello era Camoranesi, non questo che non riesce a fare un passaggio di due metri. Maggio, Bonucci, Bocchetti, Quagliarella: li abbiamo portati per che cosa? Titolari in amichevole e panchinari perenni quando comincia il ballo vero. Come a dire: «Avete visto dove siete? Ecco continuate a guardare. Un giorno tutto questo sarà vostro. Un giorno». Quando? Lippi non è convinto di Di Natale, l’ha fatto capire ieri ieri. Allora basta: l’ha messo dentro due volte. C’è il resto: Pazzini ha 26 anni e non deve chiedere permesso a nessuno. Bonucci e Bocchetti oggi valgono più di Cannavaro. Non sono della Juve, d’accordo. Non ancora, almeno il primo. Perché questa è l’altra logica che non torna. Ieri hanno giocato cinque giocatori della squadra che più ha deluso nel campionato italiano. Perché? Abbiamo deciso di essere vecchi e di essere depressi: giochiamo con chi quest’anno ha fatto la sua peggiore stagione delle ultime dieci. Di nuovo: perché? È uno strano masochismo che ci trasciniamo senza avere il coraggio di provare a fare qualcosa di diverso: prendi un giovane, sbattilo in campo e vedi che cosa succede. Come noi c’è solo l’Inghilterra che con l’Italia condivide difficoltà e terza età: sono le squadre più vecchie del torneo.
Ci specchiamo nella nostra esperienza illudendoci che basti conoscere il mondo per vincere un mondiale. Camoranesi cammina, gli altri corrono. La differenza è questa non altro: la Spagna ha vinto l’Europeo 2008 mettendo in campo una manica di straordinari ragazzi. Giovani, bravi, forti, veloci: noi ragioniamo, gli altri corrono. Noi ci logoriamo l’anima: 4-4-2, 4-3-1-2, 4-3-2-1, gli altri si mangiano gli avversari. Era la Nuova Zelanda ieri. Rugbisti falliti o qualcosa del genere. Da noi non potrebbero giocare neanche in serie B, questa è la verità. Però saltavano: alti e forti. Però correvano: veloci e carichi. Noi non abbiamo idee, non abbiamo talento, non abbiamo tocchi. Aggrappati a Pirlo, alla speranza che l’unico interruttore in grado di accedere la luce torni disponibile. Prima di dobbiamo qualificare al buio, però.
Ci avevano raccontato che quest’anno avremmo avuto qualcosa che spesso lasciavamo a casa: la gioventù di un gruppo di ragazzi pronti a sentirsi grandi. Loro lo sono, l’Italia non ha il coraggio di usarli. Non è la prima volta che succede. Fa solo tristezza.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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