Ho sotto gli occhi la lettera di un imprenditore, il quale lamenta giustamente che la fatica più improba e anche più costosa per la sua azienda è rappresentata dalle numerose pratiche burocratiche che le diverse leggi e i tanti regolamenti impongono. «Intraprendere in ogni settore - mi scrive - significa incappare in norme e leggi che rendono quasi impossibile sapere con esattezza ciò che è lecito e ciò che non lo è nel nostro paese». Sono i «lacci e lacciuoli» di cui tanto si parla e che aumentano ogni giorno anziché diminuire. Lo Stato in Italia tende più a scoraggiare che a rendere agevole la creazione di fonti di lavoro e di ricchezza. È magra consolazione constatare che ciò accadeva già ai tempi di Nitti e di Einaudi, i quali sulla denuncia di questa distorsione concordavano in pieno. (...) S'era parlato all'inizio di questa legislatura d'una commissione di nomina governativa composta di esperti e rappresentanti delle categorie che avrebbe dovuto individuare i punti caldi sui quali intervenire per deregolamentare e delegificare, ma non se n'è saputo più nulla. L'Italia burocratica, avvocatesca, fiscalista, l'Italia dei certificati, dei controlli, degli obblighi, delle ricevute, l'Italia timbraiola e lentocratica, sopravvive a tutte le buone intenzioni.
Galleggia sui milioni di articoli e forse miliardi di commi e norme delle duecentomila leggi e regolamenti da esse derivati. Ma sotto di essa sta annegando purtroppo l'Italia produttiva.Egidio Sterpa - 1 novembre 1993
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