La contestazione in piazza a Roma e certi "trattamenti" speciali riservatigli da alti dirigenti del Pd (Bersani e Bindi in primis) e da alcuni giornali (soprattutto il Fatto) fanno capire che Matteo Renzi è un personaggio scomodo. Dà fastidio, ed è facile capirlo, perché mette in discussione leadership e politica del primo partito della sinistra. E, soprattutto, perché chiedendo - anzi pretendendo - le primarie fa saltare gli equilibri già estremamente precari in seno alla sinistra.
Il profondo astio nei confronti di Renzi ricorda l'odio che pervadeva il vecchio Pci tra gli anni Settanta e Ottanta nei confronti di Bettino Craxi, al quale i comunisti negavano la "qualifica" di uomo di sinistra. Il leader del Psi, raffigurato da Forattini con gli stivali e l'orbace, era visto dai comunisti come il "nemico pubblico numero uno".
Renzi sa di essere un uomo di rottura. Lo ha capito fin dall'inizio, quando ha deciso di partecipare alle primarie per la scelta del candidato sindaco della sinistra a Firenze. In un'intervista alla Stampa il leader dei rottamatori osserva: "Autorevoli commentatori della sinistra hanno scritto Renzi è come Bettino. E' come Berlusconi. E il Fatto è arrivato a paragonarmi a Benito". L'accostamento a Mussolini è lo stesso che fece sorridere e arrabbiare Craxi trent'anni fa. Ma ha davvero senso accostare Matteo a Bettino? Diciamo subito che a 36 anni (l'età di Renzi) Craxi era già vicesegretario del Psi, e da due anni siedeva già in parlamento. Precoci tutti e due, non c'è dubbio, anche se Matteo è "solo" sindaco, sia pure di una città importante. Craxi divenne leader del Psi, con la svolta del Midas nel 1976, a 42 anni. Renzi spera di bruciare le tappe e in teoria potrebbe anche riuscirvi grazie alle primarie. Ma è una sfida in salita. E a differenza di Bettino prima di arrivare in alto ha già tantissimi "nemici" nel partito, che potrebbero ostacolarne l'ascesa.
Una delle accuse più "fastidiose" rivolte a Renzi è quella di essere solo un fenomeno mediatico. A parlarne così è Massimo D'Alema, uno che non va troppo per il sottile. Il "rottamatore" risponde senza indugi: "La comunicazione mica è una parolaccia. Non può essere alternativa alla politica anche perché se comunichi il niente la gente se ne accorge. Ma non si può aver paura di comunicare in modo chiaro valori, progetti, realizzazioni". Sistemato Baffino tocca a Bersani: "Prodi dice una verità evidente: lo zoccolo duro di Berlusconi non è andato in crisi neppure con gli scandali sessuali... ma il Pd non riesce a crescere. Nessun allarmismo, ma riflettiamo". Segretario avvisato, segretario salvato?
Uno dei più grandi fan di Renzi è il produttore tv Giorgio Gori, che per stare a fianco del sindaco nei giorni scorsi si è dimesso dalla guida di Magnolia. Avendo lavorato per anni nella tv di Berlusconi Travaglio lo ha preso di mira, e con lui Renzi. Oggi, in un'intervista al Corriere, Gori rilancia la sfida: Matteo dovrebbe candidarsi alle primarie, ma "la cosa più importante" è "che si facciano". Quanto alle accuse di berlusconismo, Gori tra il premier e Renzi vede più "le differenze. Berlusconi è rimasto fino alla fine un uomo d’impresa... Renzi non è così.
Non è un populista. Mi ricorda semmai Mentana: stessa rapidità, stesso istinto, stessa capacità di sintesi". Chissà se il sindaco preferisce essere accostato a un leader politico, sia pure di centrodestra, a un giornalista...
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