Racconti ebrei su una religione tutta da ridere

In libreria il secondo volume di Shalom Auslander che critica e ironizza sulle credenze e l'abitudinarietà di certi riti ai quali troppo spesso ci si adegua senza porsi troppe domande

In principio era lo scrittore ebreo che «litigava» con la propria religione. E soprattutto con i riti e le usanze che ogni culto porta con sé. Un insieme di gesti e di parole, di credenze e di idee alle quali spesso il fedele si adegua ma senza troppo persuadersene. Così Shalom Auslander, ebreo americano non professante come egli stesso si definisce, aveva scritto un romanzo «Il lamento del prepuzio» che aveva ottenuto una buona fortuna editoriale. Ora è tornato in libreria con un nuovo volume, ma stavolta non c'è una trama unica, bensì una serie di racconti diversi, dal titolo «A Dio spiacendo» (Guanda, pp. 182, 15 euro). Il tema di fondo è quello già affrontato nelle precedenti pagine. La religione e l'ebreo incredulo. La religione e il sesso. La religione e l'Olocausto. La religione e le rinunce fatte di carne kosher e di yarmulke non indossate. Cioè i mini divieti, quelli che non mettono paura, ma assediano l'adolescente nella sua quotidianità.
E la storia di un dio satollo come un pollo soddisfatto. Un dio che soffre di emicrania e che non esita a litigare con gli angeli e la morte perché non sono capaci di eseguire i suoi voleri. Un dio capace di armarsi dell'occorrente e scendere sui marciapiedi di Manhattan per mandare all'altro mondo quel tale che Lucifero e la signora di nero vestita non sono stati capaci di fare. È insomma uno sguardo ironico e distaccato, una scrittura irridente e non certo offensiva anche se caustica e spesso implacabile sul conto di una religione che potrebbe idealmente rappresentare tutte le religioni. Che non attacca una divinità ma critica il rapporto dell'uomo con la divinità quando è fatto e costruito su credenze che spesso lasciano il tempo che trovano.
Auslander confeziona una serie di racconti che non hanno il piglio e la presa del suo romanzo d'esordio. Tra i suoi racconti ci si perde come in un labirinto di sensazioni e di approcci. Raramente ci si sente a casa, ma di tanto in tanto si colgono le impressioni già provate leggendo un romanzo fuori dai canoni. Fuori dal coro. Al di sopra delle righe. Al di là del previsto e del prevedibile. Forse un po' troppo frettoloso ed eccessivamente abbozzato. Intuizioni originali mal congegnate o soltanto abbozzate.

«A Dio spiacendo» è la seconda puntata di una narrazione che lascia curiosi di capire che cosa accadrà dopo. Auslander ha talento ma dovrà attingere a qualche impennata di fantasia altrimenti l'originalità rischia di pagare pedaggio.

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