«Racconto l'amore proibito di una schiava degli uomini»

Cinzia Romani

da Roma

Come farfalle da un bozzolo, uscivano soltanto al tramonto. E andavano nelle sale da tè, dove gli uomini più facoltosi del Giappone le aspettavano, per guardarle danzare, o roteare il ventaglio. Erano le geishe, creature d’altri tempi devote al piacere maschile, che adesso rivivono sul grande schermo nell’interessante film di Rob Marshall Memorie di una geisha (da domani nelle sale), tratto dall’omonimo romanzo di Arthur Golden, scrittore e yamatologo, cioè conoscitore dell’arte e della lingua giapponesi. Non è stato uno scherzo condensare in poco più di due ore un libro di quattrocento pagine, che parla dell’etéra Sayuri (la pechinese Zhang Ziyi, già apprezzata come danzatrice cieca ne La foresta dei pugnali volanti), seguendola dai quindici ai trent’anni, lungo un arco cronologico che va dal 1929 al 1949. «Abbiamo voluto fare un film impressionista, tagliando e trascurando molte pagine del romanzo e partendo, comunque, da un punto di vista occidentale», spiega il regista, nominato all’Oscar per il musical Chicago e subentrato a Steven Spielberg in fase di preproduzione, visti i troppi impegni di quest’ultimo. «Da autore intelligente, Steven mi ha subito detto: “Trova la tua visione ed io la sosterrò”, per cui son partito da zero, seguendo la mia filosofia del cast: il compito di un regista è quello di far vivere un ruolo, né volevo girare un documentario», precisa Marshall, seguito, in Europa, dal venticello delle polemiche. Nonostante il 28 novembre si sia tenuta, a Tokyo, l’anteprima mondiale del suo film, alla presenza di tremila persone e a dispetto delle recensioni positive avute sia nel Sol Levante che negli Usa, c’è chi ha montato la panna sulla singolare scelta di calare, nel ruolo della geisha, un’interprete cinese. Che non è, tra l’altro, l’unica, date le presenze della Bond girl Michelle Yeoh, nella parte dell’esperta geisha Mameha, che aiuterà Sayuri e della fascinosa Gong Li, qui Hatsumomo, rivale della protagonista. «Sono stato condizionato dal fatto che, per una geisha, fondamentale è saper ballare e sia Zhang Ziyi, sia Michelle Yeoh risultano bravissime, nella danza», si schermisce il cineasta, accompagnato, nel lancio europeo del proprio lavoro, dal coreografo John De Luca, che di Chicago firmò le coreografie. «Ho messo a punto una miscela di danza giapponese e di teatro kabuki: tutti sanno che, per una geisha, a parte la calligrafia e la cerimonia del tè, la verifica principale è il ballo» ribadisce il coproduttore De Luca, coreografo per il teatro, il cinema e la televisione.
Per quanto riguarda l’elemento visionario, d’altronde, Memorie di una geisha offre notevoli spunti alla fantasia, già dalla ricostruzione dell’ambiente esotico in cui si muovono i protagonisti. All’interno di tre teatri di posa a Los Angeles, la troupe ha ricostruito un intero quartiere di geishe dell’epoca, con le stradine serpeggianti e un fiume che si snoda tra le case. La produzione si è quindi spostata in Giappone, per riprendere un tempio buddhista sulle palafitte, con le acque a volte stagnanti, a volte fluide a simboleggiare gli stati d’animo di Sayuri, insofferente alle regole di ferro del suo ambiente.

Se una geisha non deve mai innamorarsi, lei, chiusa nel kimono grigio blu, seduce gli uomini più potenti, nonostante le angherie di un’accanita rivale, ma il suo cuore batte per un uomo in particolare... «Per questo credo che il mio film riguardi tutti, perché la speranza di poter fare quanto ci detta il sentimento, è tipica dell’uomo, a qualsiasi latitudine» conclude Marshall, ammiratore del nostro Fellini.

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