Raggiri mascherati da legalità

«Negare e reprimere è la formula dei tiranni che cadono», scrive così Giuseppe Mazzini dall'esilio londinese alla Giovine Italia. E tanti anni fa questo aforisma campeggiava sulla tessera del Pri. Poi è successo quello che tutti sanno e in soffitta c'è andato don Peppino e anche i suoi emuli in un'Italia rapidamente invecchiata. Anzi bolsa. Come il suo Presidente del Consiglio.
Ma la profezia del grande genovese resta. L'unica incertezza è: quando cadranno? E soprattutto: cadranno? Non c'è dubbio che questo governo abbia raccontato, e stia quotidianamente raccontando, un sacco di balle e che abbia una propensione alla repressione come neppure il Sant'Uffizio. Ogni volta che si pone un problema, prima lo si fa diventare per inerzia e inettitudine un'emergenza e poi la risposta è sempre la stessa: stangare. C'è l'evasione? Invece che rendere equo il fisco s'inventano improbabili ergastoli per chi non paga e continuerà a non pagare e si accaniscono con il «Ragno» a indagare occhiutamente nei nostri privatissimi affari.
Muore un sacco di gente sulle strade? Ed ecco il codice d'emergenza stradale. Oltretutto varato mentre l'Italia è in marcia forzata sulle autostrade delle (scarne) vacanze. Anche qui il problema non è se sia giusto o meno porre limiti di velocità, fermare gli ubriachi e i drogati al volante. È sacrosanto. Il problema è però rimuovere le cause almeno contestualmente all'azione sugli effetti.
Infatti la questione non è mandare a casa Prodi, è denunciare che questo governo è in totale stato di confusione mentale per mandare a casa Prodi. C'è un broccardo che tutti gli studenti di legge imparano quando affrontano il diritto penale. Riguarda il cosiddetto nesso teleologico (insomma il rapporto di causa effetto). È giusto punire chi guida ubriaco a condizione però che una ministra come Livia Turco non renda libero lo spinello. Così il Governo prende whisky per fiaschi e non dà il senso della legalità, ma solo del raggiro del cittadino. È giusto porre limiti di velocità a condizione però di non avere il 60% delle gallerie in autostrada fuorilegge, di non risarcire chi nella Roma veltroniana rischia l'osso del collo per le buche, di non far vivere gli automobilisti perennemente in coda, di non avere la segnaletica incomprensibile. È giusto imporre al cittadino il rispetto delle regole a condizione di non sfrecciare con le auto di scorta come Schumacher nei centri abitati. È giusto far rispettare i limiti a condizione di non trasformare l'autovelox in autoferox per la vampiresca, tributaria imboscata che i Comuni tendono a chiunque. È giusto infine pretendere responsabilità al volante a condizione però di non incentivare in tutti i modi l'acquisto di auto (e poi dopo i favori fatti alla Fiat si scordano che con i limiti ai neopatentati la 500 va fuorimercato) e di assicurare comunque la mobilità al cittadino avendo ferrovie e trasporti locali che funzionano, evitando lo scempio dei nostri aeroporti (due ore per ritirare un bagaglio a Fiumicino sono un disincentivo alla civiltà), strade che non siano sentieri della morte.
Se c'è solo il peso delle sanzioni e non anche il contrappeso dell'efficienza scatta nel cittadino il nesso teleologico: sono costretto a correre perché non ho altro modo per arrivare, posso bere perché la ministra rende lo spinello libero, mi multano non perché sbaglio, ma perché mi vogliono rapinare. Ecco: il simul stabunt simul cadent funziona così. Prendiamo due esempi dell'ultima ora. Tommaso Padoa-Schioppa proclama: abbasseremo le tasse. Non ci crede nessuno, ma pigliamolo per buono. Allo stesso tempo si scopre che in Italia gasolio e benzina costano un'iradiddio. E Bersani convoca i petrolieri. Si è sentito un gigantesco grido d'implorazione: «Bersani? No, per favore noooo!». Perché gli italiani hanno imparato che quando Bersani liberalizza le tariffe (si veda il caos dei taxi) alla fine tutto costa di più. Ma il governo avrebbe uno strumentino facile facile per raffreddare il costo dei carburanti senza appunto ricorrere a improbabili grida manzoniane contro i petrolieri (compresi quelli di Stato). Basterebbe abbassare le accise o togliere di mezzo il contributo per i giurassici terremoti del Belice e dell'Irpinia che gravano sul prezzo alla pompa.
Vedete? Il nesso teleologico spunta sempre fuori. Ma ce n'è uno che davvero spiega il tutto. Romano Prodi ha dichiarato orgogliosamente - rispondendo a Bertinotti che gli consigliava di rileggere il Capitale perché gli mancano i fondamentali - che in vacanza si diletterà con Harry Potter. Attinge alla magia per durare? Coltiva l'antica passione per l'esoterismo? Cerca di «occulturarsi»? Probabilmente tutte queste cose insieme perché il Professore con lo spirituale fa spesso confusione. Di recente ha scambiato San Paolo con San Pietro, anni fa quando si baloccava con il piattino per il caso Moro sbagliò di Gradoli. E i suo poteri paranormali sono così scoordinati che trent'anni dopo a cadere in trans è stato Silvio Sircana, il suo addetto stampa.

Che meraviglia c'è se poi pigliano whisky per fiaschi? La sola speranza è che simul stabunt, simul cadent!
P.S.: Consiglio al Presidente del Consiglio di rileggersi Mazzini: in particolare la lettera a Carlo Alberto. Capirà perché oltre metà degli italiani non lo sopportano.
Carlo Cambi

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