Questa sera ricomincia Annozero di Michele Santoro, programma che a parere di chi scrive ha saputo contemperare eccellente giornalismo e piazzate discretamente vergognose. Di trasmissioni del genere c’è comunque bisogno, data una certa puzza di conformismo che c’è in giro e visto che la nuova stagione non offre niente più del consueto, semmai di meno: Ballarò è diventato un programma quasi equilibrato (Giovanni Floris è un ragazzo sveglio) mentre sull’annichilente morte di 8 e mezzo, su La7, stendiamo una pietosa pashmina.
Ad Annozero torna in onda anche quello là, e siamo al problema. Marco Travaglio può essere ospite dove gli riesca e nondimeno ospite fisso in quella Rai già pagata dal contribuente: il problema è che la sua funzione non è quella di un giornalista per come in tutto l’Occidente è inteso un giornalista, e non è quella di satiro per come in tutto l’Occidente è inteso ecceteraeccetera, non è quella di un opinionista, di un comico, di un buffone, di un commerciante della propria merce, di un esponente politico dell’Italia dei Valori per cui apertamente tifa: Travaglio è tutte queste cose assieme, con in più la facoltà di rivendicare un ruolo o un altro secondo copione. Quale che sia, sarà un copione basato su delegittimazione, irrisione, distorsione, faziosità, in qualche caso autentiche falsità e cialtronate spolverate di un umorismo da Travaglino che non risparmia niente, tantomeno la derisione dei difetti fisici o l’appellativo di «lombrico» per la presidenza del Senato, per esempio.
Ora si avvia a ricominciare, e le premesse sono tutte in un’intervista che Travaglio ha rilasciato alla Stampa di domenica scorsa: Vespa non è neanche un giornalista, all’estero non lavorerebbe, l’attentato a Maurizio Costanzo è legato alla sua mancata adesione a Forza Italia (che nacque a suon di bombe perchè sollecitata dalla mafia) e Riotta è solo un servo, Floris un piccolo Vespa, Mentana un battutista, mentre «Santoro e io facciamo nomi e cognomi, e il potere ci odia». Aspettando l’ambulanza, da questa sera Travaglio ricomincerà la sua attività pro domo sua (anticipiamo la sua versione: il disastro Alitalia è colpa di Berlusconi) e ovviamente farà orecchie da mercante rispetto alla spaventosa lezione che gli è stata impartita prima dell’estate, quando il vicedirettore di Repubblica Giuseppe D’Avanzo, ricorderete, con finta noncuranza citò un’intercettazione telefonica dalla quale si apprendeva che Travaglio nei primi anni Duemila era andato in vacanza con certo Pippo Ciuro, un poliziotto poi condannato per favoreggiamento del mafioso Michele Aiello, a sua volta prestanome di Bernardo Provenzano. Il residence della vacanza, in Sicilia, era stato consigliato proprio da questo Ciuro, a cui Travaglio si era rivolto anche per avere uno sconto. Le rispettive famiglie si frequentarono appunto durante quelle vacanze, si scambiarono caffettiere e cuscini e generi di conforto. Com’è finita quella storia? Vediamo.
Non un personaggio da niente, questo Ciuro: il senatore diessino Massimo Brutti, consigliato dai pm antimafia Antonio Ingroia e Gian Carlo Caselli, raccomandò Ciuro per entrare nel Sismi. Lo stesso Brutti ha ammesso la circostanza, sostenendo che il maresciallo gli era stato presentato come persona perbene da magistrati di provata fede antimafia. Ma a parte questo, la sostanza è che Travaglio all’inizio dell’estate scorsa si ritrovò vittima dei suoi stessi metodi: dopo aver accusato Renato Schifani d’aver frequentato delle persone poi inquisite per mafia 18 anni dopo, Travaglio improvvisamente diventava ufficialmente il frequentatore di una persona che, pochi mesi dopo quella vacanza e non 18 anni dopo, era stata arrestata per favoreggiamento mafioso. A complicare tutto, un’accusa improbabile: che l’intera vacanza di Travaglio fosse stata pagata dal succitato mafioso Michele Aiello. L’avvocato di quest’ultimo oltretutto confermò l’accusa al Corriere della Sera.
Un pasticcio improbabile, come detto, e neanche troppo interessante: si può credere che di certa mafiosità dei suoi interlocutori Travaglio non avesse la minima conoscenza. Nessun personale dubbio, su questo. Lui conobbe Ciuro a Palermo, quando quest’ultimo lavorava alla polizia giudiziaria antimafia: dopodichè, come detto, fu appunto lui che nel 2002 gli consigliò un hotel di amici suoi a Trabia, e l’anno dopo un residence di Altavilla Milicia, il Golden Hill. Travaglio, pur non richiesto, di recente ha mostrato tutte le ricevute del caso: i pagamenti per le vacanze dell’agosto 2002 all’Hotel Torre Artale (fotocopia dell’assegno ed estratto conto della carta di credito) e poi l’assegno dell’anno dopo pagato alla proprietaria del villino dove aveva soggiornato con la famiglia.
In quest’ultimo caso pagò molto poco, ma l’anno prima era stato un salasso: «Al momento di pagare il conto», ha scritto Travaglio, «mi accorsi che la cifra era il doppio della tariffa pattuita: pagai comunque quella somma per me esorbitante e chiesi notizie a Ciuro, il quale mi spiegò che c’era stato un equivoco e che sarebbe stato presto sistemato, cosa che poi non avvenne». Certo che non avvenne. Infatti l’assegno del 2002 pubblicato da Travaglio (che l’ha messo in rete) ha sul retro, a ben guardare, una girata fatta col timbro della Santa Margherita Srl: una società, basta verificarlo, che era in amministrazione giudiziaria per mafia. Il residence dove stava Travaglio, cioè, era sotto sequestro dal 2000 contestualmente all’arresto del costruttore Rosario Alfano, processato per concorso esterno e riciclaggio. Per il riciclaggio Alfano è stato assolto, con conseguente restituzione dei beni; per il concorso esterno in associazione mafiosa, invece, è stato condannato a sei anni in primo grado.
Marco Travaglio, detta in un certo modo, è l’uomo più sfigato del mondo. Sfortuna volle, cioè, che abbia soggiornato in un albergo mentre questo era posto sotto sequestro per vicende di mafia; sfortuna volle che a consigliarglielo sia stato un tizio successivamente condannato per favoreggiamento mafioso, questo Ciuro che gli aveva parlato di un hotel di amici suoi; sfortuna volle, infine e logicamente, che Travaglio sia infine incappato non nei proprietari dell’hotel già amici del suo amico (quelli che avrebbero potuto fargli uno sconto, tutti condannati per mafia) ma in un commissario giudiziario che secondo Travaglio raddoppiò i preventivi. Chiaro che l’amico Ciuro non sia riuscito a sistemare il problema del conto: aveva a che fare con un Amministratore Giudiziario. Travaglio pagò una cifra attorno ai dieci milioni di lire, e Ciuro in effetti non potè farci nulla: ma ecco, gli consigliò la vacanza dell’anno dopo. Per la quale, con assegno numero 303198299, in data 21 agosto 2003, Travaglio pagò la bellezza di 1000 euro. Per un villino. Per una vacanza. Per lui e per tutta la famiglia.
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