Una storia del lontano 2012 entra nella più stretta attualità. A raccontarla è Massimiliano Filiberti, carabiniere in pensione da poco più di un anno, e riguarda uno dei sei militari (di cui almeno tre indagati) coinvolti nell'inseguimento di Ramy Elgaml, durante il quale il 19enne è rimasto ucciso. L'allora appuntato del Radiomobile il pomeriggio del 23 novembre 2012 in via Jacopo Palma è intervenuto salvando la vita a una persona fermata, che minacciava di spararsi.
È una storia dettagliata, con nomi e date precisi, che nell'Arma a Milano in molti ricordano. È avvenuta 12 anni, e poche ore, esatti prima dei fatti del Corvetto. La notte fra il 23 e il 24 novembre scorsi il carabiniere di cui racconta Filiberti era al volante di una delle due Gazzelle dietro quella che è rimasta direttamente coinvolta nell'incidente. Il militare in pensione la riporta, perché «tutti parlano, da settimane». Ma «chi dovrebbe parlare, invece, tace...». Ecco il racconto di quell'episodio. «Una pattuglia di carabinieri procede al controllo di un soggetto sospetto». L'uomo, G.M., con precedenti legati alla droga, è collaborativo. Tuttavia deve essere portato in caserma, «a suo carico risulta pendente un provvedimento giudiziario». Una volta sull'auto di servizio, G.M. «estrae una pistola, sfuggita al sommario controllo effettuato sul posto, e la punta contro i carabinieri. I due militari si buttano giù dall'auto. L'uomo tenta di scendere, ma è intrappolato nella cellula di sicurezza della Gazzella. Preso dalla disperazione, si punta la pistola alla tempia e minaccia di uccidersi». Sul posto insieme ai rinforzi arriva l'allora comandante provinciale, il colonnello Salvatore Luongo, oggi comandante generale dell'Arma. L'alto ufficiale assiste a tutta la scena. Fa chiamare un negoziatore, ma non c'è abbastanza tempo. Non si può «attendere che arrivi, mentre quell'uomo imprigionato nella gazzella si punta disperato la pistola alla tempia e tiene il dito sul grilletto».
Si fa avanti l'appuntato oggi accusato insieme ai cinque colleghi di aver coperto un reato al Corvetto. Dodici anni fa aveva «lunga esperienza al Radiomobile di Milano, da qualche mese in prestito al nucleo investigativo. Consegna la propria pistola ai colleghi, si toglie giubbotto e felpa e in maniche di camicia va alla Gazzella. Parla per decine di minuti con l'uomo e infine lo convince ad arrendersi». In seuito «disattiva il blocco di sicurezza, apre la portiera, si fa consegnare la pistola e poi con assoluta calma fa scendere dalla macchina quel povero disgraziato. Gli dà persino un abbraccio di conforto». L'appuntato «ha messo a repentaglio la propria vita per salvare quella di un tossicodipendente pluripregiudicato ricercato».
Per il collega che racconta il vecchio caso, il carabiniere in questione è «un uomo che nella sua vita professionale ha compiuto atti eroici», mentre adesso «lo si vorrebbe far passare per uno scellerato carnefice».
Infine Filiberti polemizza contro «il silenzio del generale di Corpo d'armata Salvatore Luongo, comandante generale dell'Arma dei carabinieri». Questo perché «bisognerebbe rispondere con fermezza alla campagna d'odio scatenata contro le forze di polizia. Ma chi è deputato a farlo tace e tra il personale serpeggia lo sconforto».
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