Una losca vicenda, ormai lontanissima nel tempo, che però aveva segnato profondamente la sua vita, il nome della sua famiglia e, probabilmente, anche il destino di altre persone. C’è la partecipazione a una grossa rapina in banca nel passato di Giovanni Ghilardi, l’imprenditore 41enne residente a Lonno di Nembro - una frazione di circa 400 abitanti della val Seriana, in provincia di Bergamo - scomparso da casa lo scorso 6 gennaio e ritrovato ucciso nel tardo pomeriggio di mercoledì, dopo 35 giorni, nel baule della sua Land Rover parcheggiata nella zona industriale di Gessate (Milano) da almeno un paio di settimane. Il volto quasi irriconoscibile, tumefatto e insanguinato, un sacchetto nero di quelli usati per l’immondizia infilato in testa; il corpo in avanzato stato di decomposizione, ma sufficientemente conservato dalle temperature rigide degli ultimi tempi sono gli elementi che spingono i carabinieri della compagnia di Cassano d’Adda, titolari dell’inchiesta, a procedere per omicidio volontario. Un delitto che, secondo il medico legale, potrebbe essersi consumato proprio il giorno della scomparsa dell’uomo
La vettura della vittima era parcheggiata da qualche settimana in via Marconi e i vigili urbani di Gessate l’avevano già controllata una volta, un paio di settimane fa, senza insospettirsi visto che non risultava rubata. Mercoledì pomeriggio, notandola ancora ferma allo stesso posto, hanno deciso di avvertire l’intestatario, un bergamasco residente a una quarantina di chilometri da Gessate. Ha risposto un parente. «L’auto è di mio fratello che è scomparso da casa il 6 gennaio scorso» ha detto l’uomo. È stato solo allora che, guardando attentamente all’interno, i vigili hanno scorto una mano tra la tendina del bagagliaio e il sedile posteriore e hanno avvertito i carabinieri che ora indagano per omicidio.
Nel 1994, all’età di 25 anni, Ghilardi era stato arrestato per la rapina, avvenuta nell’ottobre 1991, alla sede centrale della Banca popolare udinese, nel capoluogo di provincia friulano. La vicenda aveva suscitato scalpore per il bottino, che si aggirava sui due miliardi di vecchie lire (circa un milione di euro) e per il coinvolgimento di un altro bergamasco. Il processo aveva evidenziato che le colpe di Ghilardi erano inferiori a quelle degli altri tre complici e il giovane aveva scontato pochi anni di galera.
Da allora l’uomo non aveva più fatto parlare di sé per motivi legati alla legge. Primo di cinque fratelli (quattro maschi e una femmina) Ghilardi era celibe, viveva a Lonno con i genitori ultraottantenni e lavorava con successo per l’impresa di costruzione di famiglia. In paese tutti lo descrivono come un ragazzo gentile, molto generoso e ne parlano con benevolenza.
Il 6 gennaio, dopo aver detto che andava a vedere l’Inter (quel giorno i nerazzurri giocavano a Verona con il Chievo, ndr), Giovanni scompare da casa. La sera stessa, infatti, la madre prova a telefonargli, ma il suo cellulare squilla a vuoto per due giorni, poi probabilmente si scarica. Così, l’8 gennaio uno dei fratelli ne denuncia la sparizione ai carabinieri e il caso viene trattato come un allontanamento volontario. «Negli ultimi tempi i familiari volevano rivolgersi anche alla trasmissione “Chi l’ha visto” per rintracciarlo» spiegano i militari.
Mentre è atteso per oggi, a Milano, l’esito dell’autopsia la famiglia ha dichiarato che i funerali, invece, si terranno, non appena sarà possibile, nella parrocchia di Alzano Sopra (Bg) dov’è nata la madre della vittima.
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