Raptus del pompiere: ferisce 9 colleghi

RomaSenza dire nulla, improvvisamente, si è alzato dalla scrivania del suo ufficio al primo piano del complesso centrale della scuola di formazione dei pompieri a Capannelle, a Roma sud, e ha cominciato a colpire i colleghi con un coltello tascabile. Prima di essere bloccato è riuscito a ferire cinque persone, tra cui una donna sottoposta a un delicato intervento al torace, e a investirne altre quattro nel tentativo di fuggire in auto dalla struttura. Sette sono vigili del fuoco. Un’altra donna è stata invece ricoverata dopo essere stata colta da un attacco di panico.
Dieci minuti di puro terrore per chi ieri mattina si trovava nella caserma dei vigili del fuoco: urla, gente che scappava, sangue ovunque. E lui, Gabriele Mancini, fino a quel momento un tranquillo ingegnere di 41 anni addetto alla formazione, che si aggirava per i corridoi in preda a un raptus con un coltello insanguinato in mano. Una tragedia sfiorata per un soffio. In serata, infatti, i due feriti più gravi sono stati dichiarati fuori pericolo. Mancini, invece, è stato trasferito nel raparto detentivo dell’ospedale Pertini, dopo che i medici hanno ritenuto le sue condizioni incompatibili con il carcere. Uscendo dalla caserma Appia, dove era stato portato in un primo momento, ha urlato contro i giornalisti, per concludere una giornata di pura follia: «Carabinieri aiuto, Berlusconi ha bloccato tutto». Il pm Patrizia Ciccarese procede per tentato omicidio. Il primo a essere stato colpito, al volto, con una lama di dieci centimetri sfoderata all’improvviso poco dopo le 10,30 del mattino, è stato il segretario del dirigente dell’area in cui lavorava Mancini. Nessuna lite, né una parola, prima del gesto. Soltanto quel fendente, poi le grida del personale amministrativo. E il sangue. La furia non si placa, si sposta soltanto nel corridoio, fino al seminterrato, vicino al Sacrario dove vengono commemorati i vigili del fuoco deceduti. È qui che l’ingegnere, senza parlare, si scaglia contro altri quattro colleghi. Poi esce nel piazzale della caserma, sale sulla sua Ford grigia e comincia a girare per i viali della cittadella investendo quattro pompieri che cercano di fermarlo. Uno di loro, per il forte impatto, finisce al pronto soccorso in codice rosso.
Poi arrivano i carabinieri, Mancini viene fermato e i feriti più gravi portati via con cinque ambulanze e due elicotteri in quattro diversi ospedali. Un’impiegata del secondo piano sostiene di averlo sentito gridare «attenti che salgo sopra e vi sgozzo tutti». «Ho sentito strillare e sono intervenuto per fermare la rissa. Pensavo fossero pugni, non mi ero accorto che aveva in mano un coltello», racconta Fabio Calvagna, uno dei pompieri feriti. «Un gesto di pura follia - descrive gli attimi di paura Gennaro Tornatore, responsabile della comunicazione al ministero degli Interni -. Non ha detto nulla, ha tirato fuori un coltellino di quelli tascabili e ha colpito quattro colleghi. Non ci risulta che prima dell’episodio l’uomo avesse avuto discussioni o che alla base del gesto ci siano motivi di tipo economico». Secondo alcune voci, invece, la rabbia di Mancini sarebbe esplosa per il mancato pagamento di alcuni lavori svolti in caserma.
L’ingegnere era a Roma da cinque anni e prestava servizio nell’area formazione per la riqualificazione degli elicotteristi, un ruolo amministrativo dopo che a Sondrio, negli anni precedenti, aveva lavorato come direttore antincendio. Poi, recentemente, in Abruzzo per le verifiche di stabilità degli edifici lesionati dal terremoto. Ma lo scorso aprile era stato sottoposto ad una visita psichiatrica da un medico dei vigili del fuoco che aveva richiesto controlli più approfonditi presso una struttura esterna, al termine dei quali era stato ritenuto idoneo al servizio. «Era un soggetto “attenzionato” dal Corpo - spiega Domenico De Bartolomeo, comandante della scuola di formazione di base dei pompieri - e non aveva un rapporto del tutto sereno con i colleghi. Sono rimasto sconvolto, impietrito da quello che è successo. Non siamo abituati a questo tipo di emergenze».

Figlio di un ingegnere del vigili del fuoco e di una dipendente della Protezione civile in pensione, oltre che nipote di un noto magistrato di Cassazione, Mancini viveva una vita solitaria, quasi asociale, nell’appartamento dove era cresciuto, a Talenti. Sempre con le serrande abbassate, nessun rapporto con i condomini. «Sono preoccupata per la sua stabilità mentale», ha detto Eugenia Di Zenzo, sua madre.

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