Rcs, Bpi «ritira» il pegno Ricucci A Gronchi il compito di vendere

La posizione del patto e le alternative per la cessione

Massimo Restelli

da Milano

Dopo la guerra, Stefano Ricucci vede sfumare anche l’ultimo tentativo di armistizio su Rcs. Un’uscita di scena sancita ieri da Banca popolare italiana che ha deciso di escutere il pegno sul 14,1% del gruppo editoriale depositato in garanzia dall’immobiliarista romano. Bpi non esclude di ritirare direttamente le azioni per stabilizzare le condizioni di mercato. La mossa proietterebbe Lodi tra i grandi soci del Corriere della Sera ma l’amministratore delegato Divo Gronchi non ha mai fatto mistero di considerare «non strategico» il business editoriale. Ecco perchè la strada sarà quella di cercare di ricollocare l’intero pacchetto che ai prezzi di ieri valeva 490 milioni (Rcs capitalizzava 3,48 miliardi circa).
La decisione è stata adottata ieri dal board e, dopo aver raccolto numerosi pareri legali, ufficilizzata in serata, affidando allo stesso Gronchi il compito di vendere. Il banchiere, a questo punto, dovrà quindi cercare una sintonia con i grandi soci della Rizzoli che serrano in un patto di sindacato, da poco rinnovato fino al 2009, il 63,5% del capitale sociale. Ricucci aveva, infatti, affidato all’advisor Guido Roberto Vitale il compito di individuare un acquirente per il proprio pacchetto ma tutti gli sforzi sono finora risultati vani. Compreso quello di coinvolgere, per una quota del 5%, la famiglia Benetton che aveva opposto un cortese «non ci interessa» proprio perchè mancava un consenso unanime da parte dei grandi nomi della finanza italiana che siedono nel salotto del Corriere: da Mediobanca a Fiat, da Generali a Intesa, da Premafin a Capitalia, Pirelli o Italcementi. Vista la situazione e il tacito consenso del patto, rompere gli indugi è apparsa a Bpi la scelta migliore. Lo schema più probabile appare ora una soluzione mista che potrebbe includere il mandato a una banca d’affari per costruire un collocamento privato, l’aumento del flottante e il ricorso a un convertibile. Le tecnicalità sarebbero ancora da definire nei dettagli così come i nomi degli acquirenti, per cui si cercheranno nomi graditi al patto. Procedura che potrebbe riportare in gioco la stessa Edizione Holding così come resta aperto il canale con la Magiste di Ricucci nell’eventualità di un accordo in extremis. L’immobiliarista è infatti in attesa che la Procura di Milano sblocchi la quota Antonveneta (il 31 marzo scade l’Opa di Abn) con cui potrebbe riequilibrare le proprie casse.
Da parte sua Lodi affronta, quindi, i rischi di un eventuale fallimento del gruppo Magiste ma, dopo aver già svalutato la quota Rcs per 150 milioni, non appare disposta ad altri sacrifici.

Anche perchè il finanziamento a Ricucci, inizialmente pari a 790 milioni poi ridotto a 700, poggia su un paniere di immobili e titoli (parzialmente ancora bloccati dal Tribunale) che lascerebbe una certa libertà di manovra alla banca.

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