Referendum, una pattuglia di giovani si ribella ai «giochi sull'acqua» del Pd

Nel comitato promotore di "Acqualiberatutti", che si oppone ai quesiti referendari (sostenuti apertamente dalla segreteria di Bersani) c'è un gruppo di Democratici, che evidentemente non digerisce la giravolta del partito, vittima della demagogia sul "tutto pubblico"

Non basta la demagogia: le bugie politiche hanno le gambe corte. Se ne accorgerà presto anche il Pd, che sul tema dell'acqua e della sua gestione ha deciso di cavalcare, con qualche imbarazzo, la crociata referendaria tutta retorica sul "bene pubblico". Il partito, invitando a votare quattro sì, assicura di avere "le idee chiare". Chiare forse, ma la coerenza è un'altra cosa, dal momento che - proprio sull'acqua - la giravolta è stata repentina e disinvolta.
L'ipocrisia infatti è stata subito svelata, e a confermarlo arriva la presa di posizione di una pattuglia di Democratici - per la verità non di primissimo piano, ma giovani - che occupano una buona parte del comitato promotore di "Acqualiberatutti", il comitato per il "no" - lasciando l'altra metà a esponenti liberali e moderati di varia natura, sotto la presidenza di Oscar Giannino.
Fra i promotori di "Acqualibera tutti" spuntano infatti Luigi Antonio Madeo, membro dell'assemblea nazionale del Pd, Fabio Santoro, noto esponente del Pd napoletano, Giacomo d'Arrigo responsabile di Anci Giovani, Massimiliano Dolce, presidente del consiglio comunale del Comune di Palestrina, Antonio Iannamorelli, presidente del Consiglio comunale di Sulmona (Aquila), Giusy Gallotto, dirigente del Pd di Salerno.
Lo slogan del comitato è tutto un programma: "L'informazione inizia da qui: la liberalizzazione non è privatizzazione dell'acqua". Dovrebbero spiegarlo ai vertici del Pd che si sono schierati per il sì. Quattro sì, anche nei due quesiti che riguardano il servizio idrico: portati avanti con argomenti quali "l'acqua non si vende".
I Democratici del comitato hanno idee diverse. Il primo quesito è sulla "modalità di affidamento e gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica". "Se questo quesito venisse approvato - spiegano il comitato - sarebbe eliminata la normativa che disciplina gli affidamenti del Servizio idrico attualmente in vigore. In particolare sarebbe eliminato l'obbligo per le aziende "in house" di mettere in vendita almeno una quota minoritaria delle proprie azioni a soci operativi, mediante procedura di evidenza pubblica, al fine di salvaguardare i contratti di servizio attualmente in essere fino alla loro scadenza naturale".

Mentre se venisse approvato il secondo quesito - avvertono dal comitato - "verrebbe spostato sulla fiscalità generale dello Stato e sul bilancio degli enti locali, l'onere di investire 60 miliardi di euro nei prossimi venti anni per il miglioramento delle infrastrutture idriche nazionali".

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