Il referendum su Totti verso la vittoria del sì

nostro inviato a Duisburg
Sembra un referendum più che un ballottaggio calcistico. Con due schieramenti sistemati su opposte posizioni, pronti a votare per il sì e per il no. In mezzo c’è Marcello Lippi, radicato nelle sue convinzioni e nello schema originale dell’Italia avvitata su due torri gemelle in attacco, Toni e Gilardino, ispirate dal tre-quartista d’ordinanza, Totti. Se Francesco non avesse nella testa più che nei piedi, i timori e le fragilità che gli derivano dall’incidente e dal periodo post-operatorio, nessuno avrebbe da eccepire. Totti incasserebbe una specie di voto popolare e volentieri lo accompagneremmo verso Hannover, crocevia del mondiale azzurro, contro il Ghana. E invece Totti non è quello che vedemmo fiorire in Belgio, sei anni fa, contro la Turchia. E neanche il talento un po’ viziato, scortato da fratello (e qui niente da dire) e fidanzata dell’epoca, rimasto chiuso nel bozzolo, in Giappone al mondiale. Non è nemmeno quello che ci portò per mano verso il Portogallo salvo poi a uscire di scena, subito e a testa bassa, per colpa di uno sputo rifilato a quel piantagrane di Poulsen. Il Totti di questi tempi è un papà tenero col suo Cristian, divora nutella e prende in giro Ilary fissata con le diete, vorrebbe spaccare il mondo e invece, ogni volta che gli si para davanti un rivale, tacchetti spianati, ha come un moto istintivo di difesa personale. Si mette di traverso rispetto alla palla e invece di piantare i garretti, allunga le mani a protezione di una incolumità persa all’Olimpico contro l’Empoli.
È giusto rischiare il Totti dato al 70% dall’interessato? Il partito del no è convinto della legittimità della propria posizione. Oltre ai dettagli già descritti, i suoi esponenti firmano una previsione scontata. A centrocampo, il Ghana sta preparando una trappola infernale: un paio di ceppi, Appiah da una parte, Muntari dall’altra, per stritolarlo appena arriva in possesso della palla per far ripartire l’azione. A questo schieramento appartengono le anime candide della Nazionale e anche qualche discreto intenditore, oltre agli esperti del ramo muscoli e a coloro che hanno esperienza diretta di infortuni così complicati. Se ne viene fuori col tempo. E qui non c’è tempo da perdere.
Il partito del sì non è meno combattivo ed è deciso a rischiare la propria credibilità sulla scelta chiave della prima partita. Può orientare il risultato e magari anche il destino nel girone. Dietro le quinte si indovinano anche posizioni di altra natura, poco calcistiche cioè. Ad esempio la fiducia cieca della stampa romana nel suo gladiatore che porta sul braccio il tatuaggio simbolo della sua città e che ha da tempo un sogno, passeggiare per via del Corso, da solo, mano nella mano con la moglie, senza provocare un ingorgo. Dategli una maglia e vi solleverà l’Italia: la tesi, più o meno, è questa. Che si sposa, lungo la strada dei miglioramenti conosciuti da Francesco, con il suo ruolo decisivo nel tenere sotto schiaffo il Ghana obbligandolo a una cura eccessiva della fase difensiva. Lippi continua a far credere d’essere in mezzo al guado, pronto a decidere sulla base di valutazione dell’ultima ora. Non è così. Deve tagliare il nodo: dettare alla squadra e al Ghana l’idea di una Nazionale remissiva oppure sgabbiare senza calcoli per prendere di petto la sfida e domarla alle proprie esigenze.

Il resto dello schieramento andrà deciso sulla base anche degli scarsi progressi resi da Nesta in allenamento ieri, della promozione di De Rossi quale vice-Gattuso e della conferma del disegno tattico originale, il 4-3-1-2 che viene praticato in mezza Europa, da Barcellona e Milan, al Chelsea.
Gli exit-poll provenienti da Duisburg garantiscono un successo del sì per Totti. Per sapere se è cosa buona e giusta, meglio attendere lunedì sera.

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