IL RICHIAMO DELLA FORESTA

Fa caldo e molti delegati sono rimasti a casa. L’assemblea costituente del Partito Democratico è una sala mezza vuota. Ogni tanto partono le note di When september ends di Green Day. È la colonna sonora di questa opposizione che cerca se stessa. Il ritornello dice: «Svegliami quando finisce settembre». L’appuntamento è al prossimo autunno. Autunno caldo.
Non si sfugge al richiamo della foresta. La sinistra prima o poi sente il profumo della piazza e riscopre il gusto selvaggio dell’opposizione. È già tutto finito. Il governo ombra è impallidito, la tela si è rotta e si è tornati a parlare di giustizia e caimani. Tutto come ieri, come quasi quindici anni fa. È questa la più grande sconfitta politica di Veltroni, più profonda di quella elettorale. Qui va a fondo il carisma di un leader.
Veltroni viene, giorno dopo giorno, scarnificato. Lo vedi lì, affannato a inseguire Di Pietro e la Bindi, costretto a prendere in mano il vessillo consumato dell’antiberlusconismo, con un partito ancora arroccato nelle sue vecchie identità, dove ognuno è ex di qualcosa. Il Pd, il sogno politico di Walter, è paralizzato. Non c’è uno straccio di pensionato che voglia fare il presidente. D’Alema, cinico, tace. E sembra quasi aspettare la caduta del suo eterno avversario. Il temporeggiatore e l’entusiasta. Uno sempre uguale a se stesso, l’altro un Fregoli dell’arte politica, un giorno Madre Teresa, il giorno dopo Obama, Clinton, Blair, Kennedy. Il risultato non cambia.
Non c’è dubbio. La politica di questi giorni è calda e magari questo clima fa male a tutti. Ma è Veltroni il vero agnello sacrificale. Berlusconi sta facendo del diritto a governare una bandiera. Non farò, dice, l’errore del ’94. Chiede cinque anni senza sgambetti. Il resto, dopo. Lo dice con la forza della democrazia. E con i fatti. Una cosa è certa: questo governo sta governando. Poi, quando sarà il tempo, si può discutere se bene o male. L’opposizione, quella che gioca la sua partita in Parlamento, si è invece sbriciolata.

Non fa ombra, non vota, ma esce dall’aula. Non fa politica. Non svolge quel ruolo di mediazione tra chi governa e chi è scontento. Non c’è. Il risultato è che lo spazio dell’opposizione viene occupato da soggetti illegittimi: piazza e toghe.

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