Il ricordo di Verdone: "Viveva come un monaco"

Nelle lettere dell'Archivio, ora edite, l'affetto dei vip e di tantissima gente comune che gli dava del "tu"

Il ricordo di Verdone: "Viveva come un monaco"

Non troverete mai, in tutte le 223 pagine, un riferimento al celebre sberleffo, che, per la verità, invecchia peggio ogni anno che passa, di Nanni Moretti che, in Ecce bombo del 1978, risponde urlando: «Ma che siamo in un film di Alberto Sordi? Ve lo meritate Alberto Sordi», a un uomo che al bar aveva detto: «Gli italiani, rossi e neri, sono tutti uguali». Perché, nel volume Caro Alberto - Le lettere ritrovate nell'Archivio Sordi a cura di Alberto Crespi appena pubblicato da Laterza, tutti quelli che hanno scritto al grande attore e regista sentivano di meritarselo proprio l'Albertone nazionale. Forse il più grande attore che abbiamo mai avuto e che, nonostante il successo, «era diversissimo ricorda Carlo Verdone in una delle due prefazioni (l'altra è di Walter Veltroni, presidente onorario della Fondazione Museo Alberto Sordi) dalla maschera che vedevamo sullo schermo. Sordi viveva nell'ordine, nel silenzio, nella penombra. Pochissime persone erano ammesse nelle stanze della sua villa, le cui finestre erano perennemente schermate da persiane che difendevano Sordi dal sole e dagli sguardi del mondo. Era casalingo e solitario. Viveva come un monaco (...) mi sembrava la casa di un prelato. Era piena di figure sacre, santi, Madonne; e di foto di famiglia. Una cosa che mi ha sempre stupito è che non ci fosse una sola foto con personaggi dello spettacolo».

La villa è quella romana, famosa ma spartana e priva di qualsiasi lusso se non una sala di proiezione, di via Druso 45 che è naturalmente l'indirizzo presente in quasi tutte le migliaia di missive (una è indirizzata a Cinecittà...) che l'attore conservava gelosamente perché sapeva bene che doveva tutto a quel suo pubblico. «A molte rispondeva scrive il curatore Alberto Crespi Sugli originali protocollati spesso c'era la scritta foto, a mano, a indicare che a quell'appassionato era stata spedita l'agognata fotografia con un autografo». Poi certo ci sono lettere rimaste senza risposta come quella in cui c'è la bizzarra proposta di tagliare una fettina del Monte Testaccio per trasformarla in un sito archeologico che, per la verità, richiama il finale di Gallo Cedrone di Verdone forse il suo unico vero erede in cui il protagonista si butta in politica e, parlando del Tevere, dice che oramai «nun ce serve» e che sarebbe meglio trasformarlo in una lingua d'asfalto a tre corsie per azzerare il traffico: «Signori, se scóre! Finalmente se scóre a Roma!». Oppure ci sono richieste di denaro ben sapendo che Sordi, a dispetto delle malelingue che lo volevano tirchio, «faceva molta beneficenza ma in modo mirato, attraverso associazioni affidabili», sottolinea il curatore. Peraltro non c'è la dicitura di foto spedita neanche alla lettera di un direttore di un ufficio postale in provincia di Teramo che, scrive, «vengo con la presente a proporle la realizzazione di un meraviglioso e impegnativo film a livello internazionale della durata di tre ore circa, sarà un vero capolavoro () e dovrebbe essere UN CONCENTRATO DA ALBERTONE INTERCONTINENTAL». È un'Italia semplice, ingenua, quasi pura quella che traspare da queste lettere in cui, quasi sempre, i fan usano il tu e si rivolgono a lui come se fosse un amico, un confidente: «Ero a casa da mesi e non riuscivo né a parlare, né a sorridere, sul mio letto di tristezza vedevo senza partecipazione la televisione come fosse qualcosa di lontano, di sconosciuto. Poi all'improvviso misero inonda una serie di suoi films (...) Certamente i farmaci che prendevo facevano effetto ma lei è stato determinante per la mia guarigione» scrive una signora anonima.

C'è poi una seconda parte del volume che conserva le lettere di personaggi famosi, da De Sica a Gina Lollobrigida, da Anthony Quinn a Aurelio De Laurentiis fino a Monica Vitti che per ben due volte si scusa per essere stata assente in altrettante occasioni. Poi ci sono tre presidenti della Repubblica, Leone, Scalfaro e Ciampi e Silvio Berlusconi che, nell'89, di suo pugno gli scrive «con l'ammirazione di sempre». Ma il politico più fedele, che gli scriveva quasi sempre per il compleanno a giugno, è stato Giulio Andreotti. La sezione conclusiva raccoglie invece le lettere giunte dopo la scomparsa di Sordi, il 24 febbraio 2003 a 82 anni.

Sulla soglia della sua villa, dove questo volume inizia e finisce, uno dei tanti messaggi lasciati recita: «'A lupa t'ha allattato, er mondo t'ha adottato». È una donna che lo vuole ringraziare per aver rappresentato il nostro Paese al cinema: «Per come lo hai fatto mi sono sentita sempre orgogliosa di essere romana e italiana». Ma ce lo meritiamo davvero Alberto Sordi?

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