I capi d’imputazione per i sette arrestati parlano da soli: traffico illecito di rifiuti, falsità ideologica, frode in pubbliche forniture e truffa allo stato. L’indagine del Corpo forestale di Pavia e della Scientifica di Roma sull’impianto di coincenerimento "Riso Scotti Energia spa", che ieri è stato chiuso e posto sotto sequestro, è iniziata nella primavera del 2009 e si è conclusa ieri, ma non riguarda nessun componente della nota famiglia di produttori di riso e l’adiacente risificio. Tuttavia ha condotto a una certezza: chi gestiva la struttura e molti di coloro che ci lavoravano o avevano interessi professionali gravitanti intorno all’impianto (oltre alle 7 persone finite ai domiciliari ci sono 12 indagati) erano ben consci di utilizzare, per la produzione di energia elettrica e termica, tipi di rifiuti che superavano i limiti massimi di metalli pesanti previsti dalle autorizzazioni e quindi illeciti. Un affare troppo lucroso per farselo scappare: l’ingresso delle circa 40mila tonnellate di rifiuti gestite illecitamente dall’impianto - reso possibile e apparentemente regolare attraverso la falsificazione dei certificati d’analisi, con l’intervento di laboratori compiacenti e con la miscelazione con rifiuti prodotti nell’impianto - tra il 2007 e il 2009 ha generato infatti un giro d’affari di circa 30 milioni di euro. Inoltre i rifiuti venivano utilizzati in un impianto destinato alla produzione di energia da fonti rinnovabili che ha goduto di pubbliche sovvenzioni.
L’impianto è nato tra il 2001 e il 2002 per l’incenerimento del legno e della lolla di riso (un sottoprodotto derivato dalla raffinazione del cereale, ndr) per uso industriale per poi evolversi in una struttura dagli intenti lodevoli (e quindi meritevole di ricevere gli incentivi pubblici) che produceva energia da fonti rinnovabili.
Purtroppo, secondo l’indagine della Forestale, anche la lolla di riso, proveniente dalla riseria, veniva convogliata nell’impianto sequestrato attraverso una condotta aerea, che veniva frequentemente miscelata all’interno dell’impianto con polveri provenienti dall’abbattimento dei fumi, fanghi, terre dello spazzamento strade ed altri rifiuti conferiti da ditte esterne. A seguito della miscelazione la lolla perdeva le caratteristiche di sottoprodotto e diventava un rifiuto speciale, anche pericoloso, che non poteva più essere destinato alla produzione di energia pulita, ma avrebbe dovuto essere smaltito presso impianti esterni autorizzati.
"Ogni volta che l’impianto riceveva un carico di rifiuti non regolari i gestori avrebbero dovuto respingerlo. E ci risulta che dall’inizio delle nostre indagini, nel 2009, nessun carico sia stato rimandato indietro" spiegano il comandante regionale del Corpo forestale della Lombardia Ugo Mereu e Paolo Moizi, comandante provinciale di Pavia.
A quel punto ingenti quantitativi di lolla di riso "pericolosa" (540 tonnellate dal 2009) venivano venduti illecitamente ad altri impianti di termovalorizzazione, a industrie di fabbricazione di pannelli in legno e ad aziende agricole e a grandi allevamenti zootecnici (pollame e suini) dislocati in Lombardia, Piemonte e Veneto e che la utilizzavano per la formazione delle lettiere per gli animali.
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