Se nei primi 12 mesi di pandemia abbiamo assistito a un calo delle nascite, bisogna capire cosa accadrà nei prossimi anni. E chi spera in un nuovo baby boom, stile dopoguerra, probabilmente resterà deluso. A spiegarci perchè è Letizia Mencarini, professore ordinario in Demografia all'università Bocconi di Milano.
Cosa dicono le previsioni sulle nascite per quanto riguarda l'anno in corso?
«Dicono che la pandemia non è finita e di tanti problemi economici dobbiamo ancora vedere gli effetti. C'è molta incertezza e, poichè ormai fare un figlio è frutto di una decisione, credo che molte coppie rimanderanno ancora una volta questo passo. A pesare è sopratutto l'incertezza».
Però la storia insegna che dopo i momenti difficili, c'è una specie di rinascita.
«Sì ma noi non ci siamo ancora ripresi dalla crisi del 2008, economica e demografica. Abbiamo addosso un'eredità pesante ancora da smaltire. La pandemia aggrava le cose ma le nascite diminuiranno comunque: a dircelo sono le curve sulla natalità degli anni scorsi. Non ci sono genitori. I nati a inizio anni 90, che sono potenziali genitori di adesso, erano già pochi».
Dopo la Spagnola c'era stata un'impennata delle nascite.
«La Spagnola però colpiva soprattutto i giovani, erano loro ad ammalarsi. Il Covid è diverso e di fatto aggrava un problema che esisteva già».
Quindi quando torneremo a riempire le culle?
«Difficile a dirsi. Sicuramente non nei prossimi due anni. Calcoliamo che i 404mila nati del 2020 saranno genitori fra 30 anni e già sono pochi rispetto al milione di nati degli anni 60, genitori negli anni 90. Per di più aumenta l'età media in cui si pensa alla prima gravidanza».
Come mai? Politiche per la famiglia insufficienti?
«Sicuramente, oltre agli assegni, ci vogliono varie misure per sostenere le mamme. Le donne vivono un profondo disagio. Molte di loro hanno perso il lavoro a causa del Covid e dei figli a casa da accudire. È stato un anno difficile e sono scoraggiate. In particolar modo hanno risentito molto di questa situazione le donne con figli piccoli. Tutti questi aspetti non depongono a favore della fecondità».
Insomma, dobbiamo rassegnarci a un Paese con sempre meno giovani e sempre più anziani?
«Si, anche se bisogna riflettere sul fatto che una persona di 60 anni di oggi non può essere considerata anziana come una volta ma è ancora parte attiva della società. Certo è che in qualche modo dobbiamo incoraggiare la nascita dei bambini.
I giovani sono una risorsa per un Paese, sono loro il motore produttivo. Anche economicamente sono importanti, non solo socialmente. Quindi vanno coccolati, con politiche mirate. Eppure vedo soprattutto problemi e tante disparità, soprattutto tra una regione e l'altra».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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