da Bagdad
Oltre alla conferma della pena capitale per lex dittatore iracheno Saddam Hussein e due gerarchi del passato regime, la sentenza pronunciata ieri dalla Corte d'Appello di Bagdad potrebbe preludere a un'ulteriore condanna a morte: a rischiare il patibolo è anche Taha Yassin Ramadan, già vice presidente dell'Irak all'epoca della dittatura.
I giudici di secondo grado hanno infatti mantenuto il verdetto di colpevolezza per crimini contro l'umanità a carico di Ramadan, che in primo grado aveva ricevuto l'ergastolo dall'Alto tribunale speciale chiamato a decidere sul massacro di 148 civili sciiti nel villaggio di Dujail, perpetrato nel 1982 quale rappresaglia per un tentativo di assassinare il rais. La sanzione viene ritenuta troppo «lieve» dalla Corte d'Appello, che ha quindi stralciato il suo caso rinviandolo al Tribunale, affinché quest'ultimo valuti un'eventuale punizione più grave. Lo ha reso noto uno dei membri del collegio di secondo grado, Arif Shaheen.
L'ex vice di Saddam potrebbe dunque subire la stessa sorte del rais e degli altri due co-imputati: Barzan al-Tikriti, fratellastro del dittatore e all'epoca capo dei servizi segreti militari, e Awad Ahmed al-Bandar, già giudice della Corte rivoluzionaria. A tre diversi imputati sono state invece confermate le condanne a lunghe pene detentive.
L'esecuzione, ha precisato lo stesso Shaheen, a termini di legge dovrà obbligatoriamente avvenire entro trenta giorni dalla pronuncia in sede di appello, e dunque in qualsiasi momento a partire già da oggi.
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