Nel primo cinquantennio dellOttocento, un medico e filologo, cultore appassionato della mitologia e della lingua del suo popolo, quello finlandese, vaga per i villaggi più sperduti e raccoglie dalla viva voce di cantori leggende e cosmogonie, per poi trascriverle e ordinarle in un complesso grandioso che rappresenta lultimo tra i poemi epici e tra i libri sacri dellumanità. Il medico filologo si chiama Elias Lönnrot. Il poema è il Kalevala, che oggi riappare in una nuova traduzione integrale presso le Edizioni Mediterranee (Kalevala, pagg.378, euro 24,50; a cura di Marcello Ganassini).
Vale davvero la pena di immergersi in questo flusso straordinario di avventure cosmiche, guerriere, magiche, sciamaniche. Il mito dimostra ancora qui la sua potenza fondatrice. Ai tempi di Elias Lönnrot la Finlandia faceva parte della Russia imperiale, e vi si parlavano, come lingue ufficiali, il russo e lo svedese. Fu il lavoro apparentemente impossibile, quasi assurdo di Lönnrot e di un gruppo di intellettuali imbevuti di spirito romantico a creare il finlandese moderno e la Finlandia come Paese indipendente.
Un poema epico e pieno di potenza lirica e fiabesca messo insieme meno di due secoli fa è il fondamento del Paese avanzato che oggi produce tecnologia tra la più apprezzata al mondo. E il mito dimostra qui anche la sua intrinseca bellezza di «canto delluniverso», come lo definiva Joseph Campbell, il mitologo cui ha guardato come un maestro George Lucas mentre concepiva la saga di Guerre stellari. Nel prologo cosmogonico dei primi due canti, o runi, viene descritta Ilmatar, la grande madre, che stanca della sua esistenza di solitudine entra in mare e viene fecondata dal vento e dalle onde. La sua gravidanza dura settecento anni. Poi invoca Ukko, il dio supremo, e allora una anatra va a deporre le uova, sei doro e una di ferro, nel suo grembo. Quando le uova si aprono, nascono dal guscio il cielo e la terra e dal tuorlo il sole. Ma il suo ventre contiene anche Vainamoinen, che vi resta trenta estati e trenta inverni prima di uscire nel mare, e poi va alla deriva altri cinque anni sino a fermarsi a contemplare la luna, il sole e le stelle. Vainamoinen è eroe e anche aedo, innamorato e guerriero, sapiente e sciamano. È la voce pervasiva che regge tutto il poema nella sua complessità. Accanto a lui, Ilmarinen, un fabbro che canta lorigine magica e controversa del ferro, e che si sottopone per amore alle prove più dure, arare un campo di serpi, catturare lorso Tuoni e il lupo Manala, pescare il terribile luccio del fiume Tuonela. Rimasto vedovo, Ilmarinen si costruisce invano una compagna doro e dargento. Lemminkainen è leroe birbante, bello, spensierato, seduttore. Quando viene ucciso e gettato a pezzi in un fiume, il pettine che ha lasciato nella casa natale sanguina, e sua madre può iniziare lopera di ricerca e di ricomposizione della salma, mettendo insieme i vari pezzi con laiuto di Suonar, dea responsabile della circolazione sanguigna, e poi di unape, «anima leggera», «agile creatura», che va a prendere in cielo il nettare per ridare alleroe la parola oltre che la vita.
Contro i tre eroi, si staglia Louhi, la signora di Pohjola, nemica insidiosa perché può ricorrere ad arti magiche e inviare tra gli abitanti di Kalevala epidemie che producono orribili piaghe e lorso che divora il bestiame; e può arrivare persino a nascondere il sole e la luna e a privare il popolo del fuoco. La guerra si sposta dal terreno delle armi a quello della potenza sciamanica. Ma non cè solo guerra nel Kalevala.
Mirabili le descrizioni del risveglio della terra (leco delle quali ho avvertito in Knut Hamsun), il tono fiabesco della madre che consiglia alla figlia una dieta di bellezza come questa: «mangia buon burro per un anno:/diventerai più florida delle altre;/ carne di maiale lanno dopo:/diventerai più graziosa delle altre» o lepisodio tragico dellincesto boschivo di Kullervo.
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