Sessant'anni e non sentirli. In realtà Beatles e Rolling Stones (o almeno ciò che resta di loro) sono ottantenni abbondamentente consumati ma da sei decenni si fanno una guerra che è la più finta del mondo ma pure una delle più simboliche. Stavolta l'ultima puntata, probabilmente per davvero: il disco degli Stones, che potrebbe essere il loro ultimo, è uscito poco prima di Now and then dei Beatles, che probabilmente è l'ultimo pezzo dei Beatles. La sfida si chiude qui e, pensandoci bene, comunque vada è proprio la fine conclamata e definitiva di un'epoca. Dopo i Guelfi e i Ghibellini, che se le davano per davvero, ci sono i Beatles e gli Stones che tutto sommato si sono aiutati per dividersi il mondo perché ne hanno occupato quasi tutti gli spazi musicali prima degli altri.
Lo hanno fatto negli anni Sessanta, anche se oggi alla Generazione Z sembra quasi impossibile che allora nella musica ci fossero soltanto due fazioni, due squadre contrapposte, chi stava con i Fab Four e chi con gli altri, i capelloni cattivi. Oggi (pure) la musica è fluida, i generi sono finiti e la musica è un gigantesco vaso comunicante che forse ha perso un po' di identità. Perciò forse ha ancora un senso vedere due band epocali che, azzoppate dall'età e da tutto il resto, continuano a dividere il pubblico. Il disco Huckney Diamonds dei Rolling Stones è entrato altissimo in classifica in tutto il mondo. Negli Stati Uniti, dove è terzo, ha aiutato la band a battere l'ennesimo record visto che sono i primi ad avere avuto un disco nella Top Ten in sei decenni diversi. Dicesi sessant'anni. Di certo sarà emozionante vedere nelle playlist «liquide», quelle di Spotify o di altre piattaforme, gli stessi nomi che negli anni Sessanta si leggevano sui juke box (nota per la Generazione Z: il juke box è «un apparecchio da installazione pubblica che riproduce brani musicali in modo automatico in seguito all'introduzione di una moneta al suo interno»). Tout se tient. E in effetti è difficile immaginare in futuro la stessa emozione che si prova oggi ascoltando la voce inedita di Lennon che canta in Now and then. Ed è simbolico sentire la voce di 38enne affianco a quella dell'ultraottantenne Paul McCartney. Tutti ringraziano la tecnologia che ha reso possibile il miracolo. In realtà non è solo merito suo. La responsabilità più grande è che ci sia ancora attesa per quel miracolo. Che quel miracolo oggi interessi ancora così tante persone perché i miracolati, ossia i Beatles, hanno ancora energia, seguito, potenza simbolica. Per coglierla, basta vedere i dodici minuti e rotti del video che ricostruisce il dietro le quinte dell'ultimo brano. A parlare sono McCartney, Starr, Harrison, Sean Ono Lennon e Peter Jackson che dopo il colossale lavoro del documentario Get back è ormai diventato un beatle onorario. Grazie al suo team, che ha utilizzato la tecnologia Mal della WingNut Films, è stato possibile intervenire anche sul «provino» inviato da Yoko Ono a McCartney nel 1994. «Quando abbiamo perso John sapevamo che era finita, ma poi nel 1994 si è presentata un'occasione per fare altra musica insieme» e così è arrivato anche Now and then. Ma a colpire del mini film è anche «l'intimità» di Lennon in casa con Yoko oppure al parco con il figlio che oggi dice testuale: «È come una capsula del tempo ed è come se tutto fosse predestinato a essere così».
Alla fine Now and then è addirittura un brano più convincente di quel Free as a bird uscito nel 1994, primo vero inedito dei Beatles dallo scioglimento. E il breve assolo di chitarra slide, registrato da McCartney pensando allo stile di Harrison, è uno dei picchi emotivi di questi 4 minuti e 9 secondi che sono il testamento dei Beatles, nonché l'ultima puntata della sfida con gli Stones. A differenza della maggioranza di inediti postumi che inzaccherano la memoria di tante rockstar, qui il livello è quasi stellare, non solo per la produzione ma soprattutto per il rilievo emotivo che riesce a raggiungere.
Idem per alcuni brani del disco degli Stones, ad esempio Sweet sounds of heaven o Rolling Stone blues. Dovendo chiudere qui la partita, diciamo che entrambi hanno giocato al massimo e, come sempre, hanno finito pareggiando.
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