Si fa presto a dire basta con McDonald’s e no al distributore di Coca Cola nelle scuole, mentre ci allacciamo i prediletti Levi’s, autentici o «tarocchi» che siano. Piuttosto domandiamoci come questi modelli di consumo e di comportamento abbiano sprigionato tale e tanta forza da risultare quasi ovunque vincenti. Perché oggi si parla di globalizzazione, è vero, ma prima del consumo globale, c’è stata la trionfale diffusione del consumo americano.
È ciò che la storica statunitense Victoria De Grazia (nata a Chicago, docente di storia europea alla Columbia university di New York, antenati siciliani da parte di padre, ebreo-tedeschi da parte di madre) chiama «l’impero irresistibile». Nascita, espansione e declino di questo impero saranno il tema della conversazione che la De Grazia terrà a Roma martedì prossimo in occasione del Salone del libro storico che si apre oggi nella capitale. Ma saranno anche l’argomento del suo nuovo saggio, in uscita a metà novembre da Einaudi: L’impero irresistibile. La società dei consumi americana alla conquista del mondo. «Accadde la stessa cosa con l’impero di Roma - afferma Victoria De Grazia - i modelli romani risultarono talmente vincenti che continuarono a essere seguiti anche quando da alcuni secoli l’impero, come forza militare e politica, non esisteva più».
Che cosa ha reso vincente il modello «imperiale» Usa?
«Il modello Usa si basa sull’espansione del mercato e dei consumi di massa e ha la donna come protagonista. Tre elementi che nascono da una particolare attenzione nei confronti dei bisogni universali. Mi spiego: il modello americano vuole soddisfare le esigenze umane intendendo con queste le esigenze materiali. E per soddisfarle occorre un alto tenore di vita. Ma attenzione: non si raggiunge questo alto tenore di vita, e quindi questi maggiori consumi, se prima non si è formata una società libera e democratica, basata su una forte eguaglianza sociale o quanto meno sulla creazione di un vasto ceto medio. L’espansione dei consumi e del mercato passa quindi attraverso i concetti “etici” di libertà e uguaglianza».
E in tutto questo la donna che ruolo riveste?
«Un ruolo fondamentale. Quando questo “impero” comincia ad espandersi, cioè intorno al 1910 con la grande crescita industriale Usa, gli imperi politico-amministrativi europei sono già entrati in crisi. Il modello “aperto” statunitense si confronta con il vecchio modello europeo “chiuso” e ancora fortemente gerarchico in cui i consumi delle classi superiori sono di lusso e quelli delle classi inferiori estremamente austeri. Per ogni classe sociale consumi diversi. E veniamo alla donna. Se la signora “borghese” europea ha consumi molto differenti da quelli della sua domestica, il modello americano propone gli stessi consumi per la signora e la domestica, rivolgendosi ad un tipo di donna nuovo che le accomuna entrambe: la donna consumatrice. Una donna sempre più attiva sul mercato, con un forte potere decisionale, e quindi economico, ma anche culturale e sociale. Al centro di questo potere c’è la casa, che non è più un’isola chiusa, perché la donna usa la lavatrice e il frigorifero ma anche la radio e l’automobile. È a questa casa “aperta” che punta il mercato offrendo una quantità di prodotti. Ovvio che negli anni Cinquanta e Sessanta del secolo scorso, questo modello era altamente seducente, soprattutto se confrontato con il modello concorrente marxista che presentava la donna lavoratrice, con compiti pesanti e consumi limitati».
Questo modello vale ancora oggi?
«È entrato a sua volta in crisi dopo gli anni Settanta. Molteplici le cause. La deindustrializzazione Usa, l’unificazione europea, la fine del concorrente modello sovietico. E poi il calo del tenore di vita statunitense a causa degli spostamenti dell’economia globale. Oggi gli Stati Uniti non dicono più “Siamo il Paese a più alto tenore di vita”, ma piuttosto “Siamo il Paese dei diritti umani”. Questo perché gli alti consumi non coincidono più sempre con i diritti umani, basti pensare alla Cina. Direi che oggi il luogo dove i diritti umani coincidono con il miglior tenore di vita è di nuovo l’Europa».
D’altro canto il “materialismo” americano è fortemente criticato dai Paesi di cultura islamica
«Ma la realtà islamica, in particolare quella femminile, non è certo monolitica. Le donne delle nuove classi medio-alte, per esempio, hanno già raggiunto una notevole emancipazione».
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