“Sindaco, sindaca? A me non importa, quello che conta è che sia una persona per bene”. La signora che abbiamo davanti, una velletrana doc che porta sul viso i segni dell’esperienza, proprio non riesce a capire quale sia il problema. “È nel linguaggio signora”, proviamo a rilanciare. Nulla, ci guarda disorientata, scrolla le spalle e si congeda con un sorriso. Difficile spiegare, soprattutto agli over sessanta, quello che sta succedendo in città.
Una vera e propria rivoluzione linguistica con cui, prossimamente, dovranno fare i conti tutti i cittadini (anzi, meglio dire gli individui, per non far torto a nessuno) che si troveranno a dialogare con l’amministrazione locale. Sarà allora che si accorgeranno dei cambiamenti introdotti dalla delibera approvata dalla giunta di Velletri lo scorso lunedì. Un provvedimento dal sapore “boldriniano” che mette al bando il linguaggio sessista dalla modulistica e dalle comunicazioni ufficiali. “Il linguaggio – si legge nelle premesse – rappresenta uno strumento fondamentale per diffondere una cultura paritaria”. Alla classica (e un po’ cacofonica) declinazione di qualifiche professionali ed incarichi istituzionali al femminile (la sindaca, l’assessora, l’architetta, la medica e via dicendo) si accompagnano anche altre novità. “Leggendo le linee guida balzano all’occhio delle trovate tragicomiche”, spiega Chiara Ercoli, capogruppo di Fratelli d’Italia con una discreta allergia per le quote rosa. “Noi donne non abbiamo bisogno della corsia preferenziale”, mette subito le mani avanti.
Ecco allora qualche esempio di “linguaggio rispettoso dell’identità di genere”: evitare l’uso delle parole uomo e uomini in senso universale, meglio scrivere “diritti dell’umanità” piuttosto che dell’uomo; parlando di popoli, invece, la formula consigliata è, ad esempio, “il popolo romano” anziché “i romani”; per quanto riguarda la coppia oppositiva “uomo/donna” la nuova regola è quella di dare la precedenza al femminile. Ma non finisce qui. Dalla modulistica comunale spariranno anche parole di uso comune che, mettono in guardia gli estensori della delibera, celerebbero in realtà stereotipi e pregiudizi sessisti. Tra queste spiccano “signorina”, perché identificare una donna rispetto al proprio stato civile sarebbe discriminante, ed anche “fraternità, fratellanza e paternità” quando si riferiscono ad entrambi i generi. Se la leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, ha definito gli accorgimenti lessicali alla stregua di una “criminalizzazione dell’uomo”, la Ercoli si domanda: “Per presentarci alle prossime elezioni, noi di Fratelli d’Italia dovremo cambiare il nome?”. “Di questo passo – rilancia – sostituiranno l’inno nazionale con la Traviata”.
Dubbi legittimi in quest’epoca di cambiamenti. “Dite alla Ercoli di non preoccuparsi – ribatte il sindaco dem Orlando Pocci – nessuno ha delle simili pretese”. Lui, in realtà, il giorno dell’approvazione della delibera non c’era neppure, e nel palazzo qualcuno sussurra che non ne sposi a pieno i contenuti. “La mia assenza – smentisce – non significa che io non condivida la delibera, se poi in fase di applicazione emergeranno delle storture siamo pronti a rivederla, niente è immodificabile, solo il Vangelo”. Tanto clamore per nulla, insomma. E poi, si smarca, “abbiamo solamente anticipato la direttiva della Bongiorno”. Il riferimento è al provvedimento siglato dal ministro della Pubblica Amministrazione e dal sottosegretario con delega alle Pari Opportunità Vincenzo Spadafora, che dispone di “utilizzare in tutti i documenti di lavoro termini non discriminatori”.
“Le parole sono importanti, soprattutto nell’epoca dei social-network, dove persino esponenti politici di primo piano come il ministro Salvini utilizzano un linguaggio palesemente discriminatorio”, aggiunge Sara Solinas, presidente della commissione Pari Opportunità del Comune di Velletri, richiamando quel “sbruffoncella” usato dal numero uno del Viminale per apostrofare Carola
Rackete. Per lei il decalogo anti-sessista è un passo in avanti verso l’inclusione delle donne nel mondo del lavoro. E, in fondo, si difende: “Dire diritti dell’umanità non stravolge nemmeno troppo la lingua comune”.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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