Aggressioni, furti, molestie. La situazione alla stazione Tiburtina diventa di giorno in giorno sempre più esplosiva. Quella dei migranti transitanti, accampati a ridosso del secondo scalo ferroviario della Capitale, è ormai una presenza fissa. Ma nei mesi di lockdown la tendopoli si è ampliata ancora, fino a trasformare piazzale Giovanni Spadolini in un ghetto senza regole dove anche solo avvicinarsi può essere pericoloso.
“È diventata una zona franca, lì comandano loro”, ci dice una dipendente della Roma TPL, società privata che gestisce circa il 20 per cento del servizio di trasporto pubblico su gomma del territorio romano. “Spacciano, fanno i bisogni in strada, si toccano i genitali, si picchiano tra di loro, molestano chiunque si trovino di fronte”, riferisce la donna. Ogni volta che deve mettersi al volante del bus della linea 548, che ferma proprio davanti all’accampamento, ha paura. Come lei, altri dipendenti.
Decine quelli che si sono lamentati con l’azienda, tanto che la fermata adiacente all’insediamento, poco tempo fa, è stata soppressa e spostata più avanti. “Non sapete quante volte ho dovuto intimare loro di scendere dall’autobus, sono diventati i padroni della strada, io sono una donna e francamente sono spaventata”, ci confessa l’autista.
Non solo, anche l’accesso alla stazione dal lato di via di Pietralata è stato interdetto. I migranti hanno colonizzato le entrate con tende e materassi. “Dormono uno ammassato sull’altro, bivaccano tutto il giorno, fanno pipì in mezzo alla strada”, ci racconta Fabio, che abita a ridosso dello scalo. Quando ci avviciniamo alla baraccopoli sono le tre del pomeriggio. Qualcuno dorme, qualcun altro fuma, c’è chi fa la spola con i carrelli carichi di taniche d’acqua, mentre in molti si aggirano nei dintorni del piazzale con in mano bottiglie di vino e superalcolici.
“Non abbiamo più un accesso diretto alla stazione e neanche al capolinea dei bus, per noi era una comodità e invece siamo rimasti isolati”, denuncia Fabio. “Il paradosso è che ora per andare a prendere la metropolitana dobbiamo addirittura cambiare municipio, è veramente uno scempio per tutti”, si sfoga.
“È una latrina a cielo aperto, ci si può passare solo in macchina, ci fanno sentire in pericolo, noi siamo stati costretti a stare chiusi in casa mentre loro fanno quello che vogliono”, sbotta un’altra residente. “Nell’accampamento le regole di distanziamento sociale non sono mai state rispettate, neppure nei momenti più critici dell’emergenza, anzi”, denuncia Fabrizio Montanini, presidente del Comitato Beltramelli-Meda-Portonaccio.
“Organizzavano partite a calcetto, non hanno mai messo le mascherine, fanno i bisogni in strada, sputano per terra, i cittadini si sentono beffati”, continua l’attivista. “Fanno i padroni a casa nostra mentre le istituzioni continuano a latitare”, è il giudizio.
Sul fronte della sicurezza le cose non vanno meglio. “Ieri una ragazza è stata scippata e lunedì hanno preso a sassate una troupe di Mediaset, si sentono intoccabili”, attacca una signora mentre indica la “City life” romana, trasformata in campo profughi.
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