È un appuntamento con la storia quello di stamattina. All’Istituto nazionale malattie infettive Lazzaro Spallanzani di Roma va in scena il Vaccine Day italiano. Due parole per dire che nel Vecchio Continente prende finalmente il via la prima fase della campagna di vaccinazione anti-Covid.
Nel nostro Paese il carico di vaccini della Pfizer-BioNTech è arrivato la notte di Natale, a dieci mesi di distanza dalla scoperta del primo caso italiano di Sars-CoV-2, quello di Mattia Maestri, trentottenne del Lodigiano balzato agli onori della cronaca come il paziente 1.
I riflettori questa mattina sono tutti puntati sull’Inmi Spallanzani. Qui a gennaio scorso è stata ricoverata e curata una coppia di cinesi della provincia di Wuhan, risultata positiva al Covid-19 durante un soggiorno nella Capitale. Undici mesi dopo, è sempre qui che simbolicamente sono state inoculate le prime cinque dosi di vaccino. È un cerchio che si chiude.
Se in Germania la prima vaccinata è stata Edith Kwoizalla, una donna di 101 anni, a fare da apripista nel Belpaese è un’infermiera di 29. Si chiama Claudia Alivernini. Mora, minuta, con uno sguardo dolce, ma allo tempo stesso segnato dai mesi passati nella trincea della pandemia: dall’attività di reparto alle visite domiciliari con le Uscar. Non è sola.
Dopo di lei si sono sottoposti al trattamento anche la professoressa Maria Rosaria Capobianchi, direttore del laboratorio di virologia dell’Inmi, la prima a isolare il virus lo scorso febbraio, l’operatore sociosanitario Omar Altobelli e le due infettivologhe Alessandra Vergori e Alessandra D’Abramo. Tutti dipendenti dell’Inmi.
La somministrazione è avvenuta attorno alle sette del mattino, lontano dai riflettori. “Per motivi di sicurezza – rendono noto dall’ufficio stampa di Invitalia – in nessun caso sarà possibile fare foto e riprese video all’interno del luogo in cui si svolgeranno le operazioni di vaccinazione”. Verso le otto e mezza il gruppo si presenta alla stampa, concedendosi alla photo opportunity di rito.
È Claudia la prima a parlare: “Ho la consapevolezza che oggi sia un giorno importante e decisivo. La scienza e la medicina sono le uniche cose che ci permetteranno di uscire da questo incubo. Lo dico con il cuore: vaccinatevi”. Quando, ovviamente, ce ne sarà per tutti. Sinora, infatti, le dosi a disposizione sono 9.750 per tutto il territorio nazionale.
Per fare un paragone, in Germania ne sono arrivate più di 150mila. Tornando a noi, la Lombardia ne ha ricevute 1.620, 975 l’Emilia Romagna, 955 il Lazio, 910 il Piemonte e 875 il Veneto. Valle D’Aosta (20), Molise (50) e Umbria (85) sono le regioni con gli approvvigionamenti più bassi.
“I vaccini arriveranno nelle prossime settimane e quindi bisogna dire la verità: la campagna di massa partirà tra qualche mese”, specifica il governatore del Lazio Nicola Zingaretti. Domani le operazioni di vaccinazione proseguiranno con l’arrivo della prima delle forniture da circa 470mila dosi settimanali. Il leader del Pd non ha dubbi: “È l’inizio della fine”.
“Questo è il primo passo – annota anche il ministro della Salute Roberto Speranza – di un cammino che non è breve, ci vorranno molte settimane di lavoro perché il vaccino venga somministrato a un ampio numero di persone”. “Abbiamo uno strumento tra le mani che ci può consentire di vincere questa sfida, ma – chiarisce il ministro – servirà ancora tempo, cautela e attenzione”.
“È un’emozione vedere i primi italiani vaccinati, uno spiraglio di luce alla fine del tunnel”, commenta il commissario straordinario all’emergenza Domenico Arcuri. “La strada è ancora lunga, però – aggiunge – finalmente c’è un vaccino: con calma e pazienza lo faremo tutti, uscendo da questa lunga notte”.
Tra ventuno giorni i cinque volontari dovranno sottoporsi a una seconda iniezione che li schermerà dal virus. “La protezione – ricorda la Capobianchi – sarà efficace dopo una settimana dalla seconda somministrazione”. “Questa – precisa – è un’arma in più ma non basta, bisogna continuare a rispettare le norme anti-contagio”. È visibilmente emozionata: “Sono orgogliosa di essere stata una delle prime, e sento su di me la grande responsabilità di far capire agli altri che non cogliere l’opportunità del vaccino sarebbe una follia”.
Senso del dovere, voglia di continuare a dare il massimo nella lotta al Covid ma anche desiderio di lasciare un’impronta nella storia. Questi alcuni dei motivi che hanno spinto il gruppo a vaccinarsi. “Mi sono proposta come volontaria senza neppure pensarci, mi è venuto naturale”, racconta la dottoressa Vergori. “Ci lasciamo alle spalle un anno duro, siamo stati in prima linea sin dall’inizio della pandemia e quello di oggi per noi è un giorno bellissimo: finalmente possiamo tornare a guardare al futuro”.
È stata una nottata agitata, invece, per Alessandra D’Abramo: “Sono davvero emozionata, mi sento bene, oggi è un bel giorno di speranza”. E agli scettici dice: “Il vaccino è sicuro, è stato approvato dalle più importanti autorità sanitarie americane, europee e italiane, farlo è un atto dovuto”.
“Vaccinarsi è un atto d’amore e di responsabilità nei confronti della collettività”,
ricorda Claudia, la prima vaccinata d’Italia. Nelle prossime ore seguiranno il suo esempio altri 125 dipendenti dell’Inmi. L’80 per cento del personale sanitario della struttura aderirà alla campagna vaccinale.
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