Nella Capitale arriva il centro di accoglienza “con vista” sul campo rom. Non si tratta di chiacchiere, né di illazioni. Le preoccupazioni che da qualche giorno tormentano i residenti del IV municipio sono reali. Ruota tutto attorno ai destini di una villetta rosa. Si trova al civico 75 di via di Salone, nel quadrante est della città, e spezza il grigio monotono della periferia romana. Impossibile non notarla. È un ex albergo che da almeno quattro anni non vede più un ospite. È rimasto lì, come una fotografia, a raccontare l’agonia del settore alberghiero. Le cose, però, stanno per cambiare. Adesso le finestre sono di nuovo aperte e c’è un gran via vai di operai. Insomma, tutto sembra suggerire che l’immobile si stia preparando ad assaporare una seconda vita (guarda il video).
Quale? Il vicinato, a cui questi movimenti non sono certo sfuggiti, se lo chiede da un pezzo. Sin da subito qualcuno ha ipotizzato che quella villetta diventerà l’ennesimo centro di accoglienza della città. Tanto è bastato per mettere in allerta residenti e comitati di quartiere che hanno scritto al prefetto in cerca di rassicurazioni. Nella missiva vengono citate quelle “voci incontrollate” che “danno per certa la nascita di un nuovo centro per migranti” e viene chiesto di non avallare “mai una richiesta del genere”. Chi scrive lo fa alla luce di alcune considerazioni. A poche centinaia di metri dal villino c’è il campo rom di via di Salone, il più grande d’Europa. Quello dove risiedevano Mario Seferovic e Maikon Halilovic, i due nomadi che a maggio dello scorso anno stuprarono due ragazzine in un boschetto del Collatino. Un insediamento che conta più di 400 inquilini e che da sempre è sinonimo di smaltimento illegale dei rifiuti e roghi tossici.
“È una decisione scellerata - attacca Paolo Di Giovine, presidente dell’Associazione IV municipio Case Rosse - perché non lontano da qui c’è già un campo nomadi dove illegalità e danni ambientali sono all’ordine del giorno, ci mancava solo il centro di accoglienza”. “Avevamo chiesto alle istituzioni di inviare l’esercito per monitorare il campo - denuncia polemico Franco Pirina, presidente del Caop Ponte di Nona - e, invece, ci mandano i migranti”. Il timore è che l’arrivo dei richiedenti asilo complichi ulteriormente gli equilibri della zona. “Anche perché - gli fa eco una signora sulla sessantina - si sa come va a finire, prima ne arrivano venti, poi trenta, poi quaranta e alla fine siamo invasi”. A stemperare l’angoscia dei cittadini non è d’aiuto l’imminente chiusura del vicino commissariato di Settecamini. “Il problema è che si deve riparare il tetto della caserma e piuttosto che aggiustarlo hanno deciso di spostare tutta la compagnia”, si lamenta Pirina.
Tuttavia, negli sguardi di queste persone, c’è ancora un residuo di speranza. “Magari - sostiene qualcuno - non è vero”. Mentre qualcun altro è convinto che “la prefettura non autorizzerà l’apertura del centro”. Eppure sembra proprio che oramai ci sia ben poco da fare. Ce ne rendiamo conto non appena varchiamo il cancello del villino. Nel cortile c’è il nipote della proprietaria, è lui il primo a confermarci che “sì, qui arriveranno venticinque richiedenti asilo che verranno sistemati in stanze da due o tre persone”. “Non si tratta di nuovi arrivi - ci spiega - ma di persone trasferite da altre strutture”. Come quella di Rocca di Papa che ospita i migranti sbarcati dalla nave Diciotti. Ad occuparsi di loro ci penserà la Cooperativa Astrolabio di Latina. Decidiamo di contattarla e, dopo qualche tentativo andato a vuoto, riusciamo finalmente a parlare con qualcuno. “È confermata la voce dell’apertura del centro di accoglienza?”, domandiamo. Dall’altro capo del telefono, l’operatrice risponde senza esitazione: “Certo, ci siamo aggiudicati il bando”.
Non sa dirci quando, non sa se si tratterà di giorni o di settimane, ma ci assicura che la struttura è pronta per accogliere e che gli esperimenti burocratici sono conclusi. Prima o poi, con buona pace del vicinato, il centro aprirà i battenti.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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