È scesa la sera su piazza Manfredo Fanti. Una ragazza costeggia a passo svelto l’Acquario Romano, a pochi passi dalla stazione Termini. C’è una telecamera a circuito chiuso che intercetta i suoi movimenti e quelli dell’uomo che, di lì a poco, le compare alle spalle. Un ventunenne tunisino che la spinge bruscamente tra le auto parcheggiate e le strappa di mano il cellulare.
Lei grida. Le sue sono grida di terrore. In strada per fortuna c’è qualcuno che le ascolta. "Mia moglie era scesa a buttare la spazzatura, si è spaventata a morte, mi ha chiamato urlando e io ho subito allertato la polizia", ci racconta un residente. "Non è la prima né sarà l’ultima rapina che si verifica nel quartiere, qui la situazione ormai è diventata insostenibile", si sfoga l’uomo. Mentre parliamo con lui, un nordafricano sorseggia birra appoggiato a un muretto. Tutto intorno l’odore di escrementi umani è fortissimo.
Nonostante l’inasprimento delle misure per arginare i contagi da coronavirus, la stazione Termini resta una zona franca. Il biglietto da visita per migliaia di turisti e uomini e donne d’affari sono decine di persone stese a terra. Alcuni quasi non li vedi, le loro fisionomie si percepiscono appena sotto coperte e cartoni. Ma ci sono, sono lì. Un vero e proprio esercito di invisibili, accampati lungo i marciapiedi o davanti agli ingressi della metropolitana.
Qualcuno dorme, qualcuno barcolla tra la folla. Quasi nessuno indossa la mascherina. Il virus che paralizza il mondo intero, a loro, non fa paura. "Tutto accade per volere di Allah, solo lui decide se dobbiamo ammalarci o meno", tenta di persuaderci un tunisino. La mascherina ce l’ha in tasca. "Che me la metto a fare? È questione di destino", continua. Vale lo stesso per un ragazzo senegalese. Ha lo sguardo perso nel vuoto. "Il Covid? Non mi spaventa", ci assicura mentre vaga senza meta vicino al parcheggio di piazza dei Cinquecento. "Aspetto che Papa Francesco si accorga di me – ci dice – solo lui mi può aiutare".
"Gli diciamo di non assembrarsi e mettere la mascherina, ma controllarli tutti è impossibile e questa situazione rischia di diventare pericolosa", commenta un agente dell’Interpol. "Perché quando vengono nel nostro Paese non rispettano le regole? Di questo passo non usciremo mai dal tunnel dell’emergenza sanitaria", gli fa eco un collega.
Ma la lista delle regole infrante da chi sopravvive all’ombra dello snodo ferroviario è ancora lunga. "Dovete stare attente, soprattutto agli extracomunitari, scippano, spacciano droga e aggrediscono. Qui la sera è il far west. Per carità, non ci venite", ci mettono in guardia i due.
"Qualche giorno fa una mia cliente è stata inseguita da un balordo fin dentro al bar del nostro albergo, per allontanarlo la barman lo ha dovuto minacciare con una scopa", ci racconta Giuseppe Roscioli, presidente di Federalberghi Roma e proprietario di un hotel in via Marsala. "Abbiamo provveduto ad allertare le forze dell’ordine che lo hanno portato via, chissà adesso dov’è? Magari di nuovo a piede libero", ipotizza l’albergatore.
Di storie come questa se ne sentono tante attorno al principale snodo ferroviario della Capitale. Lo sa bene Michele Sprovara, poliziotto e sindacalista del Coisp: "Tra spaccio, prostituzione, scippi e aggressioni, nelle zone limitrofe alla stazione la situazione è abbastanza critica". La criminalità da strada qui sembra farla da padrone.
"A delinquere sono sono soprattutto i disadattati. Gente che aggredisce anche solo per rubare una collanina d’oro o qualche decina di euro", ci spiega Sprovara. "Piccoli furti, messi a segno per comprare alcol o una dose di stupefacente: il paradosso – continua il sindacalista – è che, spesso, dopo qualche giorno ce li ritroviamo in zona a delinquere di nuovo perché il reato non è così grave da prevedere la custodia in carcere".
Il problema, secondo lui, sta innanzitutto nella certezza della pena: "Praticamente per loro non esiste, e così si sentono onnipotenti".
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