"Ci sono giorni in cui è difficoltoso farsi largo persino con la macchina", si sfoga una donna al volante della sua utilitaria. Sta percorrendo via Sebastiano Vinci per raggiungere l’ingresso del complesso dell’ex ospedale psichiatrico di Santa Maria della Pietà. Da quando ha aperto il drive-in Covid, questa è rimasta l’unica via d’accesso al parco e ai padiglioni dei primi del Novecento di quello che, fino al 1999, anno della chiusura definitiva, era conosciuto da tutti come il manicomio di Roma.
Oggi le stesse strutture ospitano gli uffici del XIV Municipio e quelli della Asl Roma 1. Ma il biglietto da visita delle istituzioni è da incubo. La strada che conduce all’entrata del giardino e all’unico parcheggio disponibile è costellata da cumuli di rifiuti. Bottiglie rotte, calcinacci sparsi qua e là, vecchie masserizie, materiale di risulta, vetri in frantumi: sembra uno scenario di guerra. In alcuni punti della via, buche grandi come crateri mettono a dura prova le sospensioni delle auto.
E così chi ha bisogno di prenotare una visita medica o rinnovare la carta d’identità è costretto a fare una estenuante gincana tra rifiuti di ogni genere, come se non fosse già abbastanza difficile avere a che fare con lungaggini e burocrazia. "È la ciliegina sulla torta di un sistema che fa acqua da tutte le parti, vessando i contribuenti senza dargli nulla in cambio, nemmeno un briciolo di decoro", si sfoga la donna. "Non puliscono da una vita, guardate che schifo - si lamenta - non c’è nessun rispetto per l’ambiente e per i cittadini".
"È una vergogna tutta romana, questa strada – le fa eco un altro residente del quartiere – è battuta da mamme con bambini piccoli e persone anziane che rischiano puntualmente di cadere". Non è solo una questione di decoro. Qui c’è anche da avere paura, almeno stando ai racconti di chi abbiamo intercettato lungo "la strada della vergogna". "Ci passo la mattina presto, quando è tutto buio e non c’è nessuno, ad essere sincera mi spaventa", confessa un'impiegata che lavora all’interno del complesso.
Anche una ragazza con il cane al guinzaglio fa la stessa osservazione: "Sembra di essere in un luogo abbandonato, uno di quelli del Terzo Mondo, appena cala l’oscurità, soprattutto d’inverno, c’è da accelerare il passo". Ma chi è che ha ridotto la via ad un immondezzaio? La maggior parte di quelli che vivono nella zona punta il dito contro il vicino campo rom di via Cesare Lombroso, che confina con il parco. "È vero che ci sono gli incivili che sversano qui i rifiuti ingombranti, ma sono una minoranza, sono soprattutto loro a non rispettare le regole", accusa un signore sulla sessantina che vive a Torrevecchia da diversi lustri.
"Prima questa era un’oasi felice ma – denuncia – da quando sono arrivati, i rom fanno di tutto: buttano, rovistano, bruciano". Non di rado, infatti, dalla strada trasformata in discarica si alza anche il fumo di qualche rogo.
Lo testimoniano i resti di alcuni mobili dati da poco alle fiamme. "Nonostante le segnalazioni qui la situazione è sempre la stessa, non è giusto – denuncia un’utente della Asl – e a farne le spese sono sempre i cittadini".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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