Minnie and Moskowitz, scritto e diretto da John Cassavetes nel 1971, dedica in apertura un tributo al cinema classico hollywoodiano. Il film è la storia di Minnie Moore (l'attrice Gena Rowlands, moglie di Cassavetes, deceduta il 14 agosto a 94 anni) e Seymour Moskowitz (l'attore Seymour Cassel). Prima ci viene presentato Moskowitz. Un tipo strano, ai limiti della normalità, felice di essere custode di macchine ma stanco della fredda New York. Lo vediamo una sera al cinema da solo, a vedere Il mistero del falco (1941) di John Huston, interpretato da Humphrey Bogart nei panni del detective Sam Spade. Seymour decide di trasferirsi in California, a Los Angeles, sicuro di dare un taglio positivo alla sua solitaria esistenza. A Los Angeles abita Minnie, non più giovanissima ma ancora attraente. Minnie lavora al museo di arte della città, ed è legata a un uomo sposato. Ci viene presentata mentre sta andando al cinema con un'amica più grande di lei, Florence. Le due donne escono dalla sala dove hanno appena visto Casablanca (1942) di Michael Curtiz, interpretato da Humphrey Bogart e Ingrid Bergman. Si sta facendo notte, e non avendo voglia di separarsi, raggiungono la casa di Florence. Nell'appartamento però non c'è nulla da mangiare. Solo vino rosso. Fra le amiche inizia una conversazione sull'amore, sulla solitudine, sul sesso, sui rapporti con gli uomini. Se l'amore nella vita di tutti i giorni è un disastro, per Minnie al cinema non è così. «Sai che penso dice Minnie a Florence che i film siano una congiura. Sono una congiura perché ci condizionano. Lo fanno fin dalla nostra infanzia. Ci costringono a credere in qualsiasi cosa. Ci costringono a credere negli ideali, nella forza, che esistono i buoni, le storie romantiche e ovviamente l'amore. Non ho mai conosciuto Humphrey Bogart o Clarke Cable. Non esistono, ecco la verità. Ma il film ti condiziona, e anche se sei scaltra finisci per crederci». Per Minnie Casablanca in fatto di amore e sentimenti mente.
Il finale di Minnie and Moskowitz capovolgerà questa profonda sfiducia nel sentimento amoroso veicolato dalla celluloide, visto che il film di Cassavetes si conclude proprio come un film hollywoodiano che si rispetti: l'impossibilità dell'amore presentata all'inizio, viene risolta nel finale con un matrimonio, la nascita di un figlio e il ritratto luminoso della felicità famigliare. In fondo la storia di Gena Rowlands è stata un lieto fine. Figlia di un deputato e di una casalinga, nativa di Madison, in Winsconsin, si trasferisce da Washington a New York per studiare recitazione. Incontra Cassavetes, che sposa nel 1954, al quale resta legata sino alla prematura comparsa, avvenuta nel 1989. Gena Rowlands ha lavorato con importanti registi, tra cui Paul Mazursky, Woody Allen, Paul Schrader, William Friedkin. È stata diretta anche da Giuliano Montaldo in Gli intoccabili (1969). Ma è il sodalizio artistico con Cassavetes che la trasforma nella vera e propria icona del cinema moderno americano. Cassavetes con Ombre (1959) assurge a regista di culto del cinema d'autore indipendente. Dirige la moglie in Volti (1968), Una moglie (1974), La sera della prima (1977) e, soprattutto, Gloria. Una notte d'estate (1980). Nel film è chiamata a ricoprire un ruolo difficile. Non più giovane, alle prese con un'esistenza anonima nel sottobosco criminale newyorkese, si trasforma in un «samurai», pronta a tutto per difendere la vita di un bambino. Per l'interpretazione avrebbe meritato un Oscar, mai assegnatole, nonostante le molteplici candidature. Gli errori si spiegano. La perseveranza è difficile da comprendere.
Ma alla fine si è cercato di riparare con l'attribuzione nel 2016 di un Oscar onorario. Meglio tardi che mai! Martin Scorsese ha definito Cassavetes un «genio ribelle», onesto e innamorato della vita come del cinema. Ma senza il volto di Gena Rowlands le sue opere più riuscite sarebbero state ben diverse.
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