Russia al voto, Putin: "Senza di me il caos"

Nessuno dubita sul risultato finale: vincerà "Russia Unita". L'unica incognita riguarda l'ampiezza del successo; perché il capolista è lo stesso Putin, che sta preparando un doppio salto mortale per restare al potere anche al termine del suo secondo mandato presidenziale

Mosca - Vai ai comizi elettorali di «Russia Unita», il partito di Putin e ti sembra di vivere una campagna come se fossi in Italia, in Francia, negli Stati Uniti. La messa in scena è grandiosa: palloncini, cartelloni, sciarpe, un palco hollywoodiano e la tensione tra i militanti è altissima. L'altro giorno ha parlato lui, il grande capo Vladimir, e sembrava Sarkozy a una settimana dal ballottaggio con Ségolène. Grintoso, appassionato come un vero candidato sul filo di lana. «Andate a votare per il bene del Paese», ha urlato, accorato, come se anche l'ultimo voto contasse.
Ma poi cerchi gli altri, i concorrenti e non li trovi. Fisicamente esistono: c'è il comunista Zyuganov, ad esempio, o i liberali Yavlinsky di «Yabloko» e Nemtsov dell'«Unione delle Forze di destra»; ma gli ultimi due non riusciranno a superare lo sbarramento del 7%, mentre il leader del Pc ce la farà navigando attorno al 10%, ben lontano dal 20-30% di due legislature fa. A dir la verità sono in corsa anche il giullare della politica russa, il liberaldemocratico Zhirinovsky, e il socialdemocratico Mironov alla guida della nuova formazione «Russia Giusta»; entrambi, però, sono creature del Cremlino; due diversivi, in quella che oggi appare come una simil-democrazia.
Domenica i russi si recheranno alle urne per eleggere il nuovo Parlamento, ma tutto appare deciso. Nessuno dubita sul risultato finale: vincerà «Russia Unita». L'unica incognita riguarda l'ampiezza del successo; perché il capolista è lo stesso Putin, che sta preparando un doppio salto mortale per restare al potere anche al termine del suo secondo mandato presidenziale, che scade in marzo. Se trionferà potrà manovrare l'elezione di un fantoccio al Cremlino (il premier Zubkov), riservando per sé la carica di capo del governo. Ma se vincerà con appena il 50% dei voti, non sarà facile controllare le feroci lotte di potere in corso dietro le quinte e testimoniate dall'arresto di un vice premier delle Finanze e di alti funzionari del Dipartimento anti-droga. Il clan non è più unito.
Forse per questo Putin è così nervoso. Kasparov, il cui partito Altra Russia è stato escluso dalle elezioni, ha scontato cinque giorni di carcere e ieri la polizia di San Piatroburgo ha fermato, per poche ore, l'ex dissidente Vladimir Bukovski, reo di aver attraversato le strade fuori dalle strisce pedonali. Intimidire, prevenire, reprimere: è l'ossessione di Vladimir, che in questi frangenti svela l'indole di ex colonnello del Kgb, e che ieri ha lanciato dagli schermi televisivi un duro monito agli elettori: «Se il popolo vuole vivere in modo dignitoso, non deve far tornare al potere coloro che hanno già tentato una volta di governare questo Paese e che oggi vorrebbero cambiare i piani di sviluppo della Russia, invertendo il corso sostenuto dal nostro popolo e far tornare i tempi dell'umiliazione, della dipendenza e della disintegrazione», ha dichiarato.
Il nemico è rappresentato dai liberali che negli anni Novanta privatizzarono l'industria sovietica, favorendo gli oligarchi, autentici banditi del capitalismo alla russa. Il pericolo, in realtà, non esiste; perché i liberali sono ininfluenti e perché la stragrande maggioranza dei nuovi ricchi oggi sta dalla parte del presidente; ma gli elettori non lo sanno e abboccano. Con un incentivo in più: «Il voto di domenica darà il tono alle presidenziali di marzo», ammonisce Putin e anche in questo caso il messaggio è chiaro: se vinco continuerò ad occuparmi di voi, del benessere della Russia, sennò sarà il caos. E che sia popolare è fuor di dubbio: i russi gli riconoscono il merito di aver risollevato il Paese dall'abisso dell'era Eltsin, un miracolo consentito, peraltro, anche dal boom dei prezzi di gas e petrolio, che hanno riempito i forzieri di Mosca.
Ma in una simil-democrazia i sondaggi sono ancor meno attendibili che in una vera democrazia e gli umori della gente in realtà non devono essere così unanimemente favorevoli al capo del Cremlino. Non si spiegherebbero, altrimenti, le tante smagliature degli ultimi giorni, testimoniate, ad esempio, dalle denunce di operai, medici, insegnanti, studenti che, nelle regioni periferiche, affermano di aver ricevuto l'ordine di votare in massa per «Russia Unita».

O lo strano attivismo dei «nascisti» del movimento giovanile filopresidenziale Nashi, i quali domenica pomeriggio, ad urne ancora aperte, diffonderanno exit poll «indipendenti». Tanto per convincere gli ultimi indecisi e chiarire, a chi non lo avesse capito, come funziona la Russia di Putin.
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