«Un Sì contro l’occupazione militare dell’Unione»

Adalberto Signore

da Roma

Quasi quindici minuti buoni fermo davanti all’ingresso del Palazzo dei Congressi dell’Eur, con i giornalisti a fargli una domanda dopo l’altra e Roberto Calderoli e Aldo Brancher ad aspettarlo davanti all’entrata della sala dove si sta per aprire la manifestazione nazionale per il «sì» al referendum. Silvio Berlusconi indugia, sorride e fa battute. Finché l’ex ministro leghista, battendo platealmente l’indice sul polso alzato come a dire che è tardi, non gli va incontro e lo richiama all’ordine. I due s’incamminano a braccetto verso l’ingresso, ma neanche questo basta a frenare l’entusiasmo del Cavaliere. Che non perde l’occasione per stringere le mani dei sostenitori e fermarsi a scherzare con i giovani del Motore azzurro. «La prossima settimana - dice - dobbiamo organizzare una riunione. Mi mancate davvero». Poi si rivolge verso alcune ragazze e ride: «Dovreste farmi qualche telefonata, magari hard... Che sennò sembra che le fanno solo gli altri...».
Nelle prime file davanti al palco sfila lo stato maggiore della Casa delle libertà. Mancano solo Umberto Bossi e Pier Ferdinando Casini, sostituiti per ragioni differenti da Calderoli e Lorenzo Cesa. Un’assenza, quella del leader dell’Udc, che all’Eur leggono tutti con un pizzico di malizia. «Anche perché - fa notare un ex ministro di Forza Italia - anche oggi si è ben guardato dallo spendere una parola in favore del “s씻. Il Cavaliere, però, non pare curarsene e si concede, sempre sorridendo, un giro tra le file della platea ancora a stringer mani e fare foto. Poi, insieme a Calderoli, apre la manifestazione. Senza giri di parole.
«Nessun italiano - dice quasi scandendo - può sentirsi degno di essere tale se domenica non sarà andato a dare il proprio “sì” alla riforma Costituzionale che darà a questo Paese più democrazia e libertà. È importante essere cittadini italiani al 100%, è importante domenica partecipare al cambiamento della Costituzione». Anche se, ammette, «questa riforma si può migliorare». «Dichiariamo fin d’ora - dice - che dopo la vittoria del “sì” siamo disponibili a sederci attorno a un tavolo con la sinistra per accogliere i loro eventuali suggerimenti migliorativi. Noi non abbiamo mai chiuso le porte a nessuno». E poi, «se fosse obiettivo» dovrebbe essere proprio Romano Prodi «il primo a volere che fosse introdotta» visto che lui è «un premier debolissimo, quasi patetico». Ma Berlusconi non nasconde di temere l’astensionismo che, secondo gli ultimi sondaggi in mano sia alla Cdl che all’Unione, potrebbe essere il vero ago della bilancia di un voto che pare essere sul filo di lana. E accusa la maggioranza di metterci del suo per tenere la gente lontana dalle urne: «Sembra che la sinistra si sia scatenata con vicende che occupano le prime pagine dei giornali e che distraggono gli italiani dal referendum costituzionale». Con i suoi sarà ben più netto: «Hanno scatenato un polverone per mettere a tacere il voto di domenica e lunedì». Anche perché «nella vicenda Fitto-Angelucci le accuse mi sembrano del tutto infondate» visto che «i contributi sono leciti». «Ora - aggiunge - dobbiamo riuscire a scuotere la gran massa di elettori che sono stati artatamente distolti da altri». E all’Eur torna anche sui risvolti che il referendum potrebbe avere sulla politica nazionale: «È un voto politicamente importante, un modo per dire alla sinistra che non sono i padroni del Paese nonostante abbiano occupato le istituzioni in modo militare».
Sulle elezioni di aprile, la linea del leader di Forza Italia non cambia. «Le irregolarità - ribadisce - non hanno altra spiegazione logica se non quella di brogli elettorali. Occorre che si proceda alla riconta delle schede annullate in primo luogo e poi, se necessario, anche di tutte le altre». E ancora: «Non c’è nessuna possibilità di considerare regolare il voto degli italiani all’estero. Si deve assolutamente rifare». Chiosa tra gli applausi: «Il risultato delle elezioni nazionali noi lo contestiamo dal profondo».
Tocca a Calderoli, che agli italiani chiede «l’ultima fatica» perché «se qualcuno si lamenta che le cose non funzionano né con la destra né con la sinistra, vuol dire che bisogna cambiare le regole del gioco». Insomma, «ora o mai più». «La gente - dice - rinunci a un’oretta di mare perché dopo non ci sarà più spazio per cambiare la Costituzione». Il tutto senza perdere l’occasione per una digressione sulle buone maniere: «Lo dico ai Ds: preferisco chi cerca di trombare una valletta che chi cerca di trombare una banca». Categorico il leader di An Gianfranco Fini: «Se vincono i “no”, accadrà quello che Bertinotti ha detto da conservatore più sincero di tanti ipocriti: si fa una pausa di riflessione. Il che vuol dire che non si farà nulla per almeno 10 o 20 anni».

Mentre Cesa spiega che «la Cdl è unita oggi e lo sarà domani» perché «non è un’alleanza elettorale o di comodo». E apre al dialogo: «Si va profilando un’intesa tra i due schieramenti dopo il referendum affinché le riforme non si interrompano».

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