Roma - Primo via libera del Consiglio dei ministri al decreto attuativo del federalismo fiscale riguardante i tributi delle regioni e i costi standard della sanità. Ora il testo andrà all’esame della Conferenza Unificata e del Parlamento per poi tornare in Consiglio dei ministri per il via libera definitivo. "L'impressione è che stiamo cominciando. In realtà il processo è quasi terminato - spiega il ministro dell’Economia Giulio Tremonti - ora il governo chiederà la delega per la riforma fiscale".
Nessun aumento Irpef per i redditi bassi Le regioni potranno aumentare l’Irpef dell’1,4% nel 2013, dell’1,8% nel 2014 e del 3% nel 2015. Le regioni non potranno però aumentare l’Irpef per i primi due scaglioni di reddito. Le regioni non potranno diminuire l’Irap in caso di aumento dell’addizionale Irpef. Le regioni potranno anche scegliere di modulare gli aumenti, a seconda degli scaglioni di reddito, salvaguardando però i primi due scaglioni. Lo rende noto il ministro per la Semplificazione nmormativa, Roberto Calderoli, al termine del Consiglio dei Ministri, che ha approvato lo schema di decreto legislativo sul federalismo regionale e provinciale e sui costi standard per la sanità. Il provvedimento dovrà ora essere esaminato dalla Conferenza unificata e dalla commissioni parlamentari, per poi tornare in Consiglio dei Ministri.
Bossi: "Elezioni più lontane" Sarà un’Italia migliore, che "costera di meno". Lo ha detto Umberto Bossi, parlando di federalismo, lasciando palazzo Chigi dopo il Consiglio dei ministri. "Mancano ancora poche cose, il Parlamento potrà dare dei suggerimenti, poi presto arriverà il via libera definitivo", ha spiegato il ministro delle Riforme a proposito del provvedimento licenziato da Consiglio dei ministri. "Per andare avanti abbiamo dovuto accettare dei cambiamenti, passare per mille e mille commissioni -ha risposto Bossi a chi gli ha chiesto del federalismo dei suoi desideri-, ma o spezzavamo l’albero storto della finanza o cambiavamo tutto". Di certo, il leader del Carroccio non si aspetta sorprese dall’iter parlamentare del provvedimento: "Non ci saranno problemi in Parlamento", sottolinea secco. L’approvazione preliminare da parte del Cdm del federalismo regionale è un "buon segno per il prosieguo della legislatura", ha concluso Bossi.
Bersani: "Sono solo chiacchiere" "Se non si rispettano alcuni punti, sono solo chiacchiere e si attiva un meccanismo che non si sa dove porta". Pierluigi Bersani stronca la riforma del federalismo fiscale approvata oggi dal governo. Il segretario Pd indica i tre punti nevralgici per il federalismo fiscale: "È essenziale il problema che hanno posto le regioni sul rapporto tra costi e servizi, ci sono stati tagli agli enti locali nella finanziaria, c’era un accordo con le regioni per non fare un meccanismo omnibus: se non si rispettano questi punti, soprattutto i primi due, sono solo chiacchiere".
Errani: "Governo sbaglia nel metodo" Vasco Errani, presidente della Conferenza delle Regioni, frena sulla validità del decreto approvato: "Non condividiamo ciò che è stato fatto dal governo per una questione di metodo e dunque di rapporti: solo 48 ore fa, nell’incontro con i ministri competenti, avevamo definito un metodo di lavoro che non prevedeva la riunificazione dei due decreti". "La nostra - ribadisce Errani - è una critica motivata e istituzionale sul metodo". Errani chiarisce che della parte del decreto che riguarda i costi standard in sanità le Regioni non hanno ancora discusso e non hanno espresso una posizione, a differenza dell’altra parte, che riguarda il federalismo regionale. Nella sostanza, conclude Errani, alcune modifiche apportate al decreto sono "andate nella direzione del pieno rispetto della legge 42", nella parte che riguarda l’Iva, l’Irpef e la non fiscalizzazione di parte del fondo perequativo.
Schifani rilancia le riforme "Sono più fiducioso e più ottimista per il clima, ma mi auguro che questa fiducia poi si trasformi in fatti concreti - interviene il presidente del Senato, Renato Schifani - occorre attivare immediatamente senza perdere tempo una stagione di riforme, possibilmente condivise". Schifani fa sapere di aver "sempre sostenuto che la legge elettorale andrebbe vista all’interno di un pacchetto complessivo di riforma, di funzionamento del nostro Paese".
"Anche perché - spiega Schifani - se si dovesse abolire il bicameralismo e passare ad un Senato federale, non vi è dubbio che occorre necessariamente approvare una legge elettorale diversa per il Senato rispetto a quella della Camera, che dà la fiducia al premier". Poi conslude: "Ci sono fattori procedurali che valuteremo con il presidente Fini, con cui mi sento quotidianamente, quindi non sarà necessario sicuramente un incontro formale".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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