S’intrufola a due passi dal Cav In auto aveva coltelli e mazze

MilanoÈ riuscito in quella che, dopo tutto quanto accaduto domenica, avrebbe dovuto rappresentare un’ardua impresa: giungere a pochi metri dalla stanza dov’è ricoverato il presidente del Consiglio, al settimo piano del reparto solventi dell’ospedale San Raffaele. Non che volesse imitare Massimo Tartaglia, no, tutt’altro: il giovane 26enne torinese che l’altra notte, intorno alle 2, è arrivato in auto da Torino a Milano per «vedere il presidente e sapere come sta», in comune con il feritore del premier ha «solo» qualche problema psichico, ma le sue intenzioni sono tutt’altro che bellicose. «Mi preoccupo per la sua salute, volevo accertarmi personalmente che stesse meglio» ha detto il giovanottone sorridente, con gli occhi sgranati e tenendo le mani in tasca davanti ai poliziotti, come se il fatto di trovarsi lì, a quell’ora della notte, costituisse il fatto più normale del mondo. Quando il servizio di sicurezza del premier lo ha bloccato davanti alla camera d’ospedale, infatti, il ragazzo non è apparso per niente imbarazzato. «Voglio vedere il presidente, lo voglio salutare» ha detto due volte ai poliziotti attoniti che, in un primo tempo, hanno pensato si trattasse di un burlone, magari un dipendente del San Raffaele.
«Invece si aspettava veramente di poterlo incontrare» hanno confidato divertiti gli agenti, resisi conto immediatamente che il tipo in questione era «innocuo». Un innocuo che però, in passato (un anno fa) è stato sottoposto a trattamento sanitario obbligatorio (Tso) ed è stato ricoverato in un reparto di psichiatria di un ospedale torinese, mentre in passato era già stato in cura presso un altro istituto di igiene mentale. In macchina gli hanno trovato alcune mazze da hockey (il ragazzo sarebbe un patito di questo sport che praticherebbe a livello amatoriale, ndr), coltelli da cucina arrugginiti, bottiglie d’acqua e tanti rimasugli di cibo, come se il giovane fosse abituato spesso a mangiare in auto.
La domanda, a questo punto, non può che nascere comunque spontanea: dopo un attentato al presidente del Consiglio in piazza Duomo, tra la folla, come può un estraneo qualunque, seppur incensurato e disarmato, alzarsi dal letto di casa sua senza che nessuno se ne accorga (vive con i genitori, ndr), salire sulla sua Volkswagen Golf, arrivare al San Raffaele, parcheggiare la vettura in un garage sotterraneo a pagamento, normalmente utilizzato da visitatori e dipendenti dell’ospedale e quindi, grazie a un ascensore, raggiungere tranquillamente il settimo piano?
La risposta ufficiosa - poco efficace - degli inquirenti è che «entrare in un ospedale è estremamente facile perché ci gira tanta gente». Ed è pur vero che il premier ha voluto sincerarsi personalmente che il suo ricovero al San Raffaele non compromettesse il normale funzionamento delle attività dell’ospedale, tant’è che non si è insediato in un’ala intera del nosocomio, ma solo in una stanza. Tuttavia anche il buonsenso di un bambino suggerisce che non dovrebbe essere proprio un gioco da ragazzi poter raggiungere la stanza di una delle più importanti cariche dello Stato da poco rimasta vittima di un attentato.
Il ragazzo, originario di Villar Perosa (To) risiede da alcuni mesi a Torre Pellice, dove con il fratello ha preso in gestione una trattoria. Riservato, soffriva da tempo per un amore finito con una ragazza inglese e proprio per questo lo scorso anno aveva subito un Trattamento sanitario obbligatorio.


I suoi amici, però, lo difendono: «Non è mai stato violento con nessuno e non ha mai dato segni di squilibrio», dicono Lisa e Paolo, secondo cui «a Berlusconi non avrebbe certo fatto del male: lui - sottolineano - ha sempre votato per Forza Italia».

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