Trentacinque minuti a piedi, inerpicandosi fra boschi e montagne. Un lunghissimo sentiero selvaggio, attraverso il quale da sempre gli abitanti di Stavoli portano a casa qualunque cosa, anche i beni di prima necessità. Perché in questa piccola frazione di Moggio Udinese, provincia di Udine, una strada di collegamento con il fondo valle non c'è mai stata. L'unico mezzo per spostarsi più agevolmente è la teleferica, che però al momento è fuori uso. È per questo che il borgo friulano, arroccato a 588 metri di altezza, si è guadagnato l'appellativo di «paese più isolato d'Italia». Una caratteristica che potrebbe ispirare chi sia alla ricerca di pace, relax e magari anche di un po' di avventura. Ma che mette a dura prova la vita di chi ha voluto investire su questo luogo incantevole e incontaminato. Rischiando anche di far scomparire il piccolo borgo, proprio come è già accaduto ad altri luoghi remoti del nostro Paese.
Ma gli abitanti di queste terre non ci stanno, anche perché molti di loro circa una ventina di famiglie - a Stavoli hanno acquistato la seconda casa, per godere la pace della montagna durante i weekend e le vacanze. E così hanno deciso di puntare tutto sulla tradizione: per rianimare il loro paesino hanno pensato di organizzare feste e sagre che, nonostante la difficoltà di accesso, richiamano molti visitatori. L'ultima è andata in scena lo scorso 30 giugno: nel giro di poche le stradine deserte e isolate si sono riempite di gente. Almeno 400 persone che, fra piatti tipici e qualche bicchiere di vino, hanno permesso a questi luoghi di rivivere per qualche ora. Adesso il futuro della frazione è nelle mani del Comune. Gli abitanti chiedono che la teleferica sia rimessa in funzione il prima possibile e che l'elicottero, che di tanto in tanto permette di far arrivare le merci più pesanti e ingombranti, sia messo a disposizione a un prezzo calmierato. Nel frattempo a Stavoli si cerca di continuare la vita come prima. Chi ha comprato casa parte dalla valle con un grosso zaino sulla spalla e, pazientemente, cammina per 40 minuti lungo il sentiero a gradoni tagliato nel bosco. La stessa cosa fanno in turisti, molti dei quali arrivano qui da Austria, Germania e Francia proprio per godere dell'atmosfera semplice e familiare e del contatto con la natura. Per soddisfare quell'esigenza di ritorno al passato che un luogo come Stavoli assicura. Anche la piccola chiesa di tanto in tanto rivive, grazie all'impegno di don Lorenzo Caucig.
In occasione di sagre e feste il luogo di culto torna a vivere e così, mentre il parroco celebra la Messa, i volontari fanno su e giù dalla valle per portare tutto quello che serve e accogliere i visitatori come farebbe una grande famiglia. Ma questo non basta per garantire un futuro al borgo, occorre riaprire la preziosa via di comunicazione e stimolare gli investimenti da parte dei giovani. I problemi sono cominciati circa un anno fa quando i cavi della teleferica sono stati bloccati. L'infrastruttura non è più stata azionata, da un giorno all'altro, da quando uno degli Amici di Stavoli si chiama così l'associazione costituita da chi ha acquistato e ristrutturato l'80 per cento delle case ha perso la vita proprio a ridosso dell'impianto costruito alla fine degli anni Sessanta. Il dolore per la perdita di un amico, insieme con il terrore che l'incidente potesse ripetersi ancora, ha di fatto impedito di riaccendere la teleferica. Costringendo residenti e turisti a camminare. Ma naturalmente ci sono anche problemi burocratici che spingono i dirigenti comunali ad allungare i tempi. E così, anche in occasione dell'ultima sagra, 400 persone si sono armate di zaini e pazienza e hanno cominciato l'ascensione attraverso il sentiero percorso dai soldati durante la prima Guerra mondiale. Ma oggi ripetono a gran voce che «occorre rimettere in funzione la teleferica, perché senza quel mezzo di trasporto Stavoli rischia di non avere più un futuro». Un futuro nel quale i giovani potrebbero giocare un ruolo determinante.
Fra di loro c'è Alice Missoni, presidente dell'associazione locale, che da tempo ha un sogno: aprire un bed and breakfast per accogliere i tanti turisti stranieri che arrivano da queste parti. Ma anche Daniela Fadi, guida turistica volontaria che assicura: «Senza una strada o la teleferica non può esserci futuro. I beni di prima necessità arrivano dal sentiero o grazie all'elicottero, che però ha costi proibitivi per tutti». Per il momento il Comune ha risposto con uno stanziamento di 140mila euro, destinati a riavviare l'impianto di risalita. Gli abitanti hanno però paura che i tempi possano slittare ulteriormente, allontanando i turisti. «Non possiamo sprecare il duro lavoro dei nostri nonni dicono -, questo paese è nato grazie ai loro sforzi». Perché Stavoli, fino agli anni Settanta, è stato un borgo animato tutto l'anno. Ci sono sempre stati pochissimi residenti, per lo più persone anziane che si riunivano in piazza per stare insieme. E due bambini, seguiti dalla maestra della scuola elementare. Dall'inizio degli anni Ottanta gli ultimi abitanti hanno cominciato ad andare via, abbandonando le case in pietra e i pochi esercizi commerciali. Troppo complicato resistere nel più totale isolamento. Anche il progetto della strada, che avrebbe dovuto collegare il borgo con i paesi confinanti, è saltato. Così come quello della diga per la produzione di energia elettrica sul torrente Glagno, saltata in seguito del disastro del Vajont.
E così Stavoli è rimasto un borgo fantasma fino a quando qualcuno non ha deciso di ristrutturare le abitazioni e di riportare la vita fra queste stradine. Una vita che adesso rischia di perdersi ancora. Nonostante la grande apertura e disponibilità dei suoi abitanti. «Chi viene qui cerca pace, serenità e contatto con la natura concludono -. Stavoli è il luogo ideale per stare bene. Qui non c'è assolutamente nulla, neanche un bar. Ma le porte delle nostre case sono sempre aperte e se qualcuno ce lo chiede, un caffè è sempre pronto».
Insomma, a dispetto delle difficoltà
nessuno vuole arrendersi alla fama di paese più isolato della Penisola. Ma continua a sognare di trasformare questo borgo dimenticato in un'oasi di pace e turismo sostenibile, fra campi di lavanda in fiore e orti di montagna.
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