Con un'incidenza di 2-4 nuovi casi per anno su 10mila soggetti adulti, in Italia si contano circa 400mila malati. L'artrite reumatoide è una patologia infiammatoria cronica autoimmune che colpisce in maniera elettiva le articolazioni. Essa è più frequente nel sesso femminile con un rapporto donna/uomo di 3-4:1, in particolare in una fascia di età compresa fra i 40 e i 60 anni, anche se può manifestarsi in qualsiasi momento della vita. Tra le malattie osteoarticolari, questo senza dubbio è il disturbo più severo in termini di danno strutturale delle articolazioni e osseo secondario, di comorbità associate e di complicanze extra-articolari.
Poiché si tratta di una patologia autoimmune, il sistema immunitario va ad attaccare i tessuti sani, non riconoscendoli come tali. Bersaglio prediletto degli anticorpi è la membrana sinoviale, ovvero il foglietto di rivestimento interno della capsula articolare. Tale membrana, aumentando di volume, dà origine al panno sinoviale che si espande fino a provocare la distruzione graduale della cartilagine. L'infiammazione può coinvolgere i muscoli, le sierose, i vasi sanguigni, i reni, il cuore, i polmoni, l'apparato visivo ed emopoietico, il sistema nervoso centrale e periferico.
Non si conosce ancora la causa esatta dell'artrite reumatoide, tuttavia la sua è una patogenesi multifattoriale. Numerose ricerche hanno individuato fattori di rischio genetici (in un individuo geneticamente predisposto un evento attiva una risposta auto-immune) e ambientali. Sotto la lente di ingrandimento, altresì, il genere, l'età, l'esposizione al fumo di sigaretta, una specifica alimentazione, problematiche ormonali e fattori socio-economici. Ancora alcune infezioni virali (Human Herpes Virus 6 ed Epstein-Barr Virus), lo stress e la parodontite con proliferazione di Porphyromonas gingivalis.
A causa dell'infiammazione, i tipici sintomi dell'artrite reumatoide sono il dolore, il gonfiore, rigidità al movimento e perdita della funzionalità delle articolazioni. Il dolore è spontaneo, continuo e presente al riposo, ma tende a migliorare con il movimento. La rigidità articolare, più intensa al risveglio, può durare ore se non per l'intera giornata. La perdita della funzionalità, inzialmente caratterizzata da sinovite, con il passare del tempo si traduce in deformità articolari. A questi segni clinici possono associarsi anche manifestazioni sistemiche come stanchezza, indolenzimento muscolare, perdita di peso, febbre e rash cutaneo.
La diagnosi si basa essenzialmente su esami di laboratorio. In circa il 70% dei pazienti, nel sangue, vi sono alti livelli del Fattore Reumatoide. Il marcatore più specifico è la presenza di anticorpi anti-peptidi citrullinati. Incrementi della VES e della Proteina C reattiva possono essere indici di malattia, così come una riduzione dell'emoglobina. La terapia si prefigge tre precisi scopi: ridurre l'intensità del dolore, arrestare il processo distruttivo a carico delle articolazioni e recuperare la loro funzionalità. Per il primo obiettivo vengono somministrati farmaci antinfiammatori non steroidei e corticosteroidi.
Per la seconda finalità si impiegano sia farmaci tradizionali, sia medicinali biotecnologici. Per il recupero delle funzioni articolari servono, invece, la riabilitazione articolare-neuromuscolare ed eventualmente la chirurgia ortopedica.
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