In questi ultimi anni l’approccio terapeutico dell’artrite reumatoide è cambiato radicalmente.
In passato l’infiammazione veniva trattata in maniera progressiva, ricorrendo a farmaci via via più forti in caso di peggioramento dei sintomi. Ora invece è possibile intervenire in maniera mirata ed efficace fin dalle fasi più precoci. In Italia l’artrite reumatoide colpisce all’incirca una persona su cento. Solitamente colpisce principalmente le donne si un’età compresa fra i 30 e i 60 anni. Il primo campanello d’allarme è l’improvvisa rigidità delle articolazioni soprattutto al risveglio. A questo disturbo si possono poi aggiungere altri due sintomi come il dolore e il gonfiore.
Le articolazioni più colpite sono soprattutto quelle della mano e delle dita. Questa rigidità, accompagnata da dolore cronico ,insorge spesso anche a livello di gomiti, ginocchia, spalle, caviglie. Influenza la qualità di vita delle persone che con il passare del tempo limitano le attività quotidiane più banali. Si possono infatti avere difficoltà a scrivere, aprire una bottiglia, lavarsi e vestirsi. Le cause dell’artrite reumatoide non sono ancora del tutto chiare. Quello che si sa questo problema nasce dalla somma di più fattori. C’è sicuramente la predisposizione genetica o più fattori esterni, come il fumo di sigaretta oppure infezioni del cavo orale.
Studi scientifici dimostrano che intervenendo entro i primi tre-sei mesi si cambia il decorso della malattia. Ce lo dimostra una ricerca condotta dall’Università di Genova in collaborazione con l’università di Verona e pubblicata sulla rivista Cells. Il team di ricerca tutto italiano ha scoperto una molecola dal nome Rna non codificante RP11-498C9.15. Essa è in grado di modulare l’espressione dei nostri geni controllando l’insorgenza e le manifestazioni cliniche dell’artrite reumatoide.
Grazie a questa scoperta per inquadrare meglio la situazione basterà un semplice prelievo di sangue. Sarà finalizzato ad analizzare dei valori specifici come il fattore reumatoide e gli anticorpi anti-citrullina. Sono quest’ultimi che permettono di confermare la diagnosi di artrite reumatoide. Successivamente si andranno a valutare il Ves e la proteina C reattiva. Quest’ultime servono per valutare l’entità dell’infiammazione Spesso si misura anche il livello di vitamina D nel sangue perché importante per la salute del sistema immunitario e per il rischio di osteoporosi. Ciò è di vitale importanza soprattutto nelle donne vicine alla menopausa.
Infine, per decidere il miglior trattamento si valutano le transaminasi del fegato, l’emocromo con i globuli bianchi e si fa la ricerca per i virus delle epatiti B e C e il bacillo della tubercolosi. Un’eventuale presenza di questi agenti patogeni, infatti, obbligherebbe a maggiori attenzioni nell’uso dei farmaci immunosoppressori.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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