Si stima che in Italia colpisca 400-600mila soggetti, ovvero una persona ogni 100-150 abitanti. Tuttavia il numero di casi diagnosticati è nettamente inferiore rispetto alla reale incidenza di quella che viene considerata come una vera e propria malattia sociale. La celiachia è un'intolleranza permantente al glutine, un complesso di sostanze azotate che si forma durante l'impasto, con acqua, della farina di alcuni cereali: orzo, avena, segale, frumento, kamut, farro, triticale e spelta. Per la precisione si tratta di una condizione che per manifestarsi necessita della presenza contemporanea di una predisposizione genetica e di un consumo di alimenti contenenti glutine. Non è un caso, dunque, se la celiachia colpisce soprattutto gli individui di razza caucasica, coloro cioè che assumono cereali in quantità maggiore rispetto ad altre popolazioni, come quelle asiatiche o africane. Il disturbo, inoltre, è più frequente nel sesso femminile.
La celiachia non è solo, come si è già accennato, una malattia a predisposizione genetica, ma la sua è, altresì, una eziologia autoimmune. In un paziente predisposto, il consumo di glutine scatena un'abnorme risposta immunitaria che va a bersagliare le cellule dell'intestino deputate all'assorbimento dei nutrienti e i villi intestinali, cioè sporgenze a forma di dito. Quando le cellule di queste microstrutture vengono attaccate, perdono la loro capacità di assimilazione. Di conseguenza organi come il cervello e il fegato sono privati dei nutrienti essenziali per il loro corretto funzionamento. Recentemente è stato dimostrato che esiste una correlazione tra la celiachia e l'infezione da rotavirus. Secondo gli studiosi, i celiaci possiedono degli anticorpi per una specifica proteina presente in questo virus. Gli anticorpi, captando la sua presenza sui villi intestinali, l'assalgono per neutralizzarla. L'aggressione porta, così, all'apertura di piccoli canali tra una cellula e l'altra e spalanca poi le porte all'ingresso del glutine e all'infiammazione della parete intestinale.
Una nuova ricerca condotta dalla NYU Grossman School of Medicine si è interrogata sulla possibile relazione fra la celiachia e gli inquinanti chimici a cui si è quotidianamente esposti. Gli scienziati hanno analizzato i livelli di sostanze tossiche presenti nel sangue di 30 bambini e giovani adulti (dai 3 ai 21 anni) a cui era stata recentemente diagnosticata la malattia presso l'Ospedale pediatrico Langone Hassenfeld di New York. I risultati sono poi stati confrontati con quelli di altri 60 ragazzi di età, etnia e genere simili. Dall'esame è emerso che livelli elevati di sostanze chimiche tossiche nel circolo ematico corrispondono a un maggior rischio di celiachia.
Nello specifico la possibilità è raddoppiata nei giovani con concentrazioni sieriche più elevate del pesticida diclorodifenildicloroetilene (DDE). Ma non è tutto. Per il sesso femminile, che rappresenta la maggior parte dei casi di celiachia, un'esposizione ai pesticidi si traduce in un rischio aumentato di ben otto volte di sviluppare la patologia.
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