Con il termine cirrosi epatica si indica una malattia degenerativa cronica del fegato. A caratterizzarla è la presenza, a livello del tessuto epatico, di cicatrici e di noduli associati talvolta a infiammazione. In base alla grandezza di questi ultimi, si distinguono tre tipologie di cirrosi: micronodulare (con noduli inferiori a tre millimetri), macronodulare (con noduli maggiori di tre millimetri) e mista. Le lesioni generano una limitazione degli scambi tra sangue e fegato, con conseguente riduzione della funzionalità dell'organo e aumento della pressione della vena porta. Quest'ultimo, a sua volta, provoca l'apertura di vie di scarico venose (i cosiddetti 'shunts') e quindi la comparsa di varici che si manifestano principalmente a livello di esofago e stomaco.
Due sono le cause principali della cirrosi epatica, l'abuso di alcol e le infezioni virali. Un'assunzione protratta per oltre dieci anni di bevande alcoliche (circa quarantacinque grammi di etanolo al giorno) è considerata un importante fattore di rischio. Tuttavia bisogna considerare che solo il 10% degli individui che bevono un tale quantitativo di alcolici sviluppa la patologia. Ciò sembra essere dovuto ad una predisposizione genetica. Discorso a parte meritano le infezioni virali. Il famigerato virus dell'epatite C si contrae in giovane età con l'uso di droghe e mediante frequenti emotrasfusioni. Altre cause meno frequenti includono: emocromatosi genetica, morbo di Wilson, malattie metaboliche e nutrizionali, ristagno di sangue nel tessuto epatico protratto nel tempo. Questa condizione si verifica nell'insufficienza aortica e in presenza di un disturbo noto come sindrome di Budd-Chiari.
Il fegato svolge un ruolo fondamentale per la regolazione del metabolismo corporeo. Ne consegue che i sintomi della cirrosi epatica determinano risvolti drammatici per il paziente. Una delle manifestazioni tipiche è l'ipertensione portale. I noduli, opponendosi alla regolare circolazione epatica, fanno sì che il sangue ritorni nella vena porta solo con un aumento della pressione. Tale condizione, riducendo il flusso ematico alle cellule dell'organo ancora funzionanti, mette in circolo tossine normalmente inattivate. Altri segni clinici comprendono: ittero (colorazione gialla della cute per accumulo di pigmenti biliari nel sangue), splenomegalia (aumento di volume della milza), varici, edemi, ascite (accumulo di liquido extracellulare nella cavità addominale).
Come riporta Adnkronos.com le persone positive al Coronavirus e affette da cirrosi epatica possono sviluppare serie complicanze, decesso incluso. Un'indagine scientifica inglese, analizzando 17 milioni di pazienti, ha sottolineato come la probabilità di ammalarsi di Covid per un soggetto con cirrosi sia doppia rispetto a chi non soffre della patologia. Secondo una ricerca americana tale possibilità è pari a quattro volte. A fare il punto della situazione è Antonio Craxì, epatologo ordinario di Gastroenterologia dell'Università degli Studi di Palermo: "Un importante studio multicentrico italiano portato avanti nei centri di Pavia, Roma e Milano ha evidenziato un rischio molto alto per le persone con cirrosi".
Dall'estrapolazione dei dati dei decessi totali per Coronavirus registrati fino ad ora dalla Protezione Civile è emerso che in Italia 6-700 individui con malattie epatiche sono morti nei mesi più caldi della pandemia. Conclude Craxì: "C'è dunque un rischio importante per queste persone.
Spero che in autunno, e lancio un appello al ministro Speranza, se ci sarà il vaccino i malati epatici lo possano avere per primi. Spero che non si faccia una guerra tra 'poveri', ovvero tra i malati, per averlo. Ma anche che si pensi prima alle persone che corrono più rischi per le loro condizioni cliniche".
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.