Secondo gli scienziati della Pennsylvania State University, diversi farmaci approvati dalla FDA - tra questi quelli per il diabete di tipo 2, l'epatite C e l'Hiv - riducono in maniera significativa la capacità della variante Delta del Covid di replicarsi nelle cellule umane. In particolare i ricercatori hanno scoperto che codesti medicinali inibiscono alcuni enzimi virali chiamati proteasi che sono essenziali per la replicazione del patogeno nelle cellule umane infette. Lo studio è stato pubblicato su "Communications Biology". I vaccini anti coronavirus prendono di mira la proteina Spike, ma la stessa può subire delle mutazioni. La variante Omicron ne è l'esempio più calzante. È necessario, dunque, mettere a punto agenti terapeutici che colpiscano parti del virus diverse dalla proteina Spike che non hanno la stessa probabilità di evolversi.
Indagini precedenti hanno dimostrato che due enzimi SARS-CoV-2 proteasi, Mpro e PLpro, sono obiettivi promettenti per lo sviluppo di farmaci antivirali. La terapia anti Covid "Paxlovid" di Pfizer, ad esempio, si rivolge proprio a Mpro. Tali enzimi sono relativamente stabili, quindi è improbabile che sviluppino rapidamente mutazioni resistenti ai medicinali. Katsuhiko Murakami, professore di biochimica e biologia molecolare del Penn State, ha osservato che queste proteasi virali, a causa della loro capacità di scindere o di tagliare le proteine, sono essenziali per la replicazione del coronavirus nelle cellule infette.
SARS-CoV-2 produce proteine lunghe, note come proliproteine, dal suo genoma di RNA. Esse devono essere scisse in singole proteine dalle proteasi. Ciò si traduce nella formazione di enzimi e proteine virali funzionanti che danno l'avvio alla replicazione virale nelle cellule. Se si inibisce una di queste proteasi, l'ulteriore diffusione del Covid potrebbe essere fermata. Gli studiosi hanno progettato un test per identificare in maniera celere gli inibitori delle proteasi Mpro e PLpro nelle cellule umane vive. Mediante lo stesso è stata esaminata una libreria di 64 composti, tra cui inibitori dell'Hiv e delle proteasi dell'epatite C. Ancora proteasi della cisteina e dipeptidil peptidasi, un enzima umano coinvolto nel diabete di tipo 2.
Dei 64 composti, il team ne ha identificato 11 che hanno influenzato l'attività di Mpro e 5 che hanno condizionato l'attività di PLpro sulla base di un cut-off del 50% di riduzione dell'attività della proteasi con il 90% di vitalità cellulare. Successivamente è stata monitorata la funzionalità dei composti mediante la microscopia confocale dal vivo. Fatto ciò, gli scienziati hanno valutato l'attività antivirale dei 16 inibitori PLpro e Mpro contro SARS-CoV-2 in cellule umane vive. Si è scoperto che 8 di loro avevano attività antivirali dose-dipendenti. In particolare MG-101, inibendo l'elaborazione della proteasi della proteina Spike, è stato anche in grado di ostacolare la capacità del Covid di infettare le cellule.
Ma non è tutto. I ricercatori hanno altresì compreso che il trattamento delle cellule con una combinazione di inibitori Mpro e PLpro ha avuto un effetto antivirale additivo. Sebbene sia stata studiata solo la variante Delta, i farmaci in futuro potrebbero essere efficaci anche contro Omicron e contro nuove varianti poiché prendono di mira parti del patogeno che difficilmente mutano in modo significativo.
Secondo i ricercatori, quindi, lo sviluppo di medicinali antivirali ad ampio spettro contro una vasta gamma di coronavirus è la strategia di trattamento definitiva per le infezioni da Covid circolanti ed emergenti.
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