ll Covid-19 sarebbe in grado di determinare "importanti alterazioni della funzione neuronale cerebrale, in particolare nelle regioni frontali durante la fase acuta della malattia": è la scoperta fatta da alcuni medici della Medicina nucleare e della Neurologia dell'Ospedale Santo Stefano di Prato. Il cervello, quindi, sarebbe coinvolto nella malattia ma c'è una buona notizia: dopo tre mesi queste alterazioni finiscono con lo scomparire quasi del tutto
Cosa dice lo studio
Anche se ormai, grazie a cure e vaccini ed una minor pericolosità di Omicron la situazione pandemica ha preso completamente un'altra piega, quanto scoperto dai ricercatori dimostra che il virus non è soltanto respiratorio ma è in grado di penetrare anche nel sistema nervoso centrale. Lo studio è stato pubblicato dalla prestigiosa rivista scientifica European Journal of Nuclear Medicine and Molecular Imaging. I pazienti con Covid presi in esame sono stati un centinaio di cui 26 con sintomi neurologici. I ricercatori hanno utilizzato una Pet che è stata in grado di produrre una fotografia tridimensionale della funzione dei neuroni per distinguere le zone del cervello interessate dalla problematica da quelle completamente sane.
"Scoprire le zone interessate"
"L’obiettivo della ricerca è stato quello di capire quali sono le zone del cervello che il virus colpisce in modo preferenziale nei pazienti con infezione da SarS-CoV2 con sintomi neurologici di nuova insorgenza e come evolve nel tempo il danno neuronale dalla fase acuta alla fase cronica (circa 9 mesi), cosa mai dimostrato fino ad oggi", ha spiegato all'Usl Toscana Centro il prof. Stelvio Sestini, Direttore della struttura complessa di Medicina Nucleare del Santo Stefano. Come detto, per fortuna, i sintomi migliorano dal terzo mese fino a sparire in quelli successivi: si riconoscono perché nei pazienti interessati si sono riscontrati "nebbia nel cervello, disturbi di memoria e del sonno, ansia, depressione".
Decisiva, in questo senso, la Pet "della funzione cerebrale dei pazienti con sintomi neurologi dalla fase acuta a quella cronica l’elemento cardine e peculiare dello studio", ha aggiunto Sestini, che ha consenito di dare importanti risposte su come il Covid-19 riesce a "muoversi" nel sistema nervoso centrale. "Proprio in questo senso – ha aggiunto il prof. Pasquale Palumbo, Direttore della struttura complessa di Neurologia - è stato fondamentale riuscire a misurare le alterazioni neuro-cognitive di questi pazienti mediante appositi test, cosa non semplice anche dal punto di vista organizzativo se si pensa al periodo acuto della fase pandemica".
Così si è diffuso il virus
Secondo la ricerca, il Covid-19 avrebbe preso di mira soprattutto le regioni frontali del cervello facendo il suo ingresso tramite le vie olfattive e la riduzione funzionale delle altre aree cerebrali sarebbe stata causata "da altre vie di propagazione del virus come quella ematica, oltre che dalla azione sinergica dell’infiammazione e dalla riduzione dell’apporto di ossigeno al cervello", hanno spiegato
le dottoresse Anna Lisa Martini, dirigente medico di Medicina Nucleare e primo autore dello studio e Giulia Carli, della divisone di Neuroscienze-IRCCS San Raffaele Milano-University Medical Center di Groningen, in Olanda.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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