Una sconfitta declassata a fatto con una valore esclusivamente locale. Sulla quale, a livello nazionale, nessuno metterà la firma. Non lo farà il premier Matteo Renzi, che ha preso le distanze dai candidati del suo partito già da un po' e ieri ha parlato, attraverso un comunicato ufficiale del Pd, di «sconfitta senza attenuanti a Torino a Roma» e di «una vittoria chiara e forte a Milano e Bologna contro i candidati delle Destre».
Eppure è difficile immaginare un'altra lettura rispetto a quella che vede il governo nazionale in difficoltà, insieme a un'idea di partito della nazione molto renziana. Quella che considera il voto moderato una riserva da attivare a comando. Vince, al contrario, il Movimento 5 stelle, che recepisce i malumori degli elettori a livello nazionale e locale. Vince il partito contro, con margini di vantaggio inimmaginabili, che, non a caso, non ci sono stati a Milano. Nel capoluogo lombardo la sfida era quella classica tra due candidati moderati, uno di centrodestra e uno di centrosinistra e il risultato è stato di sostanziale equilibrio. Ieri sera è emerso chiaramente fin dagli exit pool che al secondo turno nessuno è andato in soccorso dei principali candidati del Partito democratico. Dal Pd già ieri sera arrivavano spiegazioni della vittoria del M5S grazie ai voti dei partiti del centrodestra. Ma non è andata così.
Roberto Giachetti in serata era inchiodato a una forchetta tra il 31 e il 35%, meno dei voti che la sua coalizione ha preso al primo turno. La Raggi contemporanemente volava sopra il 67%. Affluenza bassa. Come dire, non è stato il voto degli altri candidati che è confluito sul M5S. Semmai sono gli elettori grillini che si sono mostrati più disciplinati. Risultato sorprendente, visti gli sforzi messi in campo dal Pd Romano per i due turni delle comunali romane.
Gli elettori di Roma hanno respinto in blocco la candidatura di Roberto Giachetti. L'ibrido tra una faccia tutto sommato nuova o comunque legata alle stagioni migliori della sinistra capitolina e il vecchio partito romano, non ha convinto. Pesa lo scandalo di mafia capitale, ma ha pesato a favore di Virginia Raggi una campagna elettorale dai toni rassicuranti per le lobby della capitale (dagli autisti dell'Atac che scioperano durante la partita alle ditte che fanno manutenzione delle strade).
La sconfitta di Piero Fassino è stata la grande sorpresa emersa fin da subito. Il Partito democratico della città simbolo della grande industria e cassaforte dei voti del vecchio Pci non è riuscito a portare alle urne nemmeno i suoi elettori.
Dato che accomuna Roma e Torino è che il Movimento cinque stelle ha dimostrato che la mobilitazione via Web, fatta con Internet e strumenti tecnologici, ormai batte quella «sul territorio». Sia Roma sia Torino sono realtà dove il Pd può contare su una presenza organizzata, che non è bastata.
Fa storia a se Napoli, dove la vittoria di De Magistris era data per certa già da qualche giorno. Una valenza in questo caso locale. Unica possibile lettura nazionale, è che il candidato di sinistra più lontano dal premier ha vinto senza problemi.
Unica notizia buona per Renzi, quella della vittoria di Sala a Milano, non a caso sottolineata nel comunicato
finale. Facile a questo punto per il premier spiegare il flop di Torno, come responsabilità di Piero Fassino, esponente della vecchia «ditta» da rottamare. E quella di Giachetti, come una sconfitta personale dell'esponente Pd.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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