Quando dormiamo non sempre dei rumori esterni ci fanno svegliare di colpo. I ricercatori dell’Università israeliana di Tel Aviv, coordinati da Hanna Hayat, hanno scoperto qual è il motivo per cui un suono ci fa aprire gli occhi e un altro ci lascia dormire. Lo studio in questione, che è durato otto anni ed è stato pubblicato su Nature Neuroscience, è stato condotto su alcuni pazienti epilettici ai quali erano stati inseriti elettrodi nel cervello.
Lo studio
L’obiettivo della ricerca era quello di riuscire a capire dove hanno origine le crisi epilettiche e, in base a questo, cercare poi di trattarle. Lo studio è importante anche per studiare bene cosa avviene all’interno del cervello, dato che gli elettrodi sono in grado di registrare in modo molto preciso quella che è l’attività delle cellule cerebrali, anche a livello di un singolo neurone. La Hayat ha così potuto, grazie al permesso dei suoi pazienti, registrare in che modo specifiche aree, e anche specifici neuroni, reagivano se esposti a uno stesso suono, sia da svegli che da dormienti, così da capire se e in che modo la risposta del cervello possa cambiare.
Secondo quanto emerso dai risultati dello studio, il cervello addormentato sente tutti i suoni in modo perfetto. In particolare, nelle zone che vengono associate all’udito, il cervello dormiente si attiva nello stesso modo come quando il soggetto è sveglio. La ricercatrice israeliana ha spiegato che “fino a oggi si pensava che i segnali in arrivo dall’orecchio si smorzassero rapidamente nel cervello che dorme, senza arrivare alla corteccia cerebrale. Non è così, l’attività cerebrale è simile ovunque in tutto e per tutto; l’unica differenza è nelle onde alfa-beta connesse ai processi di attenzione”.
Le onde alfa-beta
Si tratta di onde che sono controllate nella loro intensità dalla corteccia cerebrale. Infatti, i segnali sensoriali si spostano dalla periferia al cervello, ma poi la corteccia, in base alle esperienze e alle informazioni raccolte precedentemente, invia un segnale per informare su quali stimoli prendere in considerazione e quali invece ignorare, magari perché conosciuti e ai quali quindi non è necessario dare la nostra attenzione consapevole. Nel momento in cui dobbiamo invece prestare attenzione a un particolare suono, la corteccia va ad annullare le onde alfa-beta, che nelle registrazioni fatte durante il sonno sono risultate più attive. Questo dato è anche confermato dal fatto che queste onde sono di livello più alto rispetto alle altre, anche se stiamo riposando o siamo sotto anestesia.
Capire se un paziente in coma è consapevole
In futuro, grazie a quanto scoperto con questo studio, potrebbe essere possibile riuscire a capire se un paziente in coma sia consapevole o meno di quanto accade intorno a lui. La studiosa ha infatti precisato che“le onde alfa-beta potrebbero essere il “fattore X”, l’attività cerebrale unica e distintiva della coscienza, ma soprattutto potrebbero essere un elemento misurabile, il primo, per distinguere se una persona sia consapevole o meno di udire un suono.
In futuro, se avremo tecniche non invasive per misurare le onde alfa-beta, potremmo per esempio riuscire a identificare se una persona in coma sia veramente inconsapevole di ciò che accade: un basso livello di onde alfa-beta in risposta a un suono sarebbe indicativo del fatto che è invece capace di percepire e capire l’ambiente attorno”.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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