San Filippo Neri Chiude la cardiochirurgia

Riduzione immediata di 168 posti letto, chiusura del reparto di cardiochirurgia, smantellamento della chirurgia generale e ortopedica. E ancora, riduzione dei letti oncologici e di otorinolaringoiatria. Per un taglio complessivo di 434 e individuazione di altri 1.004 che non rispondono alle performance stabilite dagli standard produttivi dell’Agenzia di sanità pubblica, per cui sono suscettibili di ulteriore chiusura.
Consistono tutti nel territorio nord-est della capitale e fanno capo all’Asl Roma E. Con un colpo solo si dovrebbero cancellare 1.706 posti. E a metterla così ha quasi l’aspetto di un bollettino di guerra il ridimensionamento a breve e medio termine (2009-2010) dell’ospedale San Filippo Neri dove - a sentire il personale sanitario - si va proprio a diminuire l’offerta pubblica della sanità d’eccellenza.
«La chiusura di una specialistica come la cardiochirurgia richiede un’analisi più approfondita di quella fatta e nel caso specifico - precisa il senatore Stefano De Lillo (PdL), membro della commissione Sanità di Palazzo Madama e già vicepresidente della commissione Sanità della Pisana - non si tiene conto di quell’altissimo livello di professionalità e di eccellenza che vanta il reparto in merito agli interventi da effettuare per complicanze successive a patologie ischemiche».
«Se si deve tagliare un servizio - aggiunge De Lillo - si deve partire da quello non indispensabile e che non è assimilabile con l’offerta sanitaria. Inoltre in termini di volumi di attività il servizio ha incrementato gli interventi chirurgici tanto da posizionarsi tra i primi quattro centri della regione. È necessario fare luce sulla storia dei tagli all’eccellenza tant’è che presenterò un’interrogazione in Senato per approfondire l’argomento».
Già, perché approfondendo le performance cliniche viene fuori che il reparto di cardiochirurgia, nei primi sei mesi dell’anno, ha addirittura aumentato i volumi di attività del 21 per cento rispetto al 2007. Un successo notevole se si pensa che ha fatto meglio, come risulta dalle valutazioni «Sies 2007» sul sito della stessa Agenzia di Sanità Pubblica, anche del Policlinico di Tor Vergata, del Policlinico Umberto I, dell’ospedale Sant’Andrea e del Campus Biomedico. Eppure questi risultati non basterebbero, tant’è che il piano sanitario regionale non tiene conto delle capacità tecniche delle specialistiche né dei dati cosiddetti epidemiologici e di intervento.
Si deve tagliare per risparmiare. E non è detto che ciò sia il risultato prodotto. «È decisamente irrazionale - rimarca Maurizio Sciarpelletti, dirigente dell’Ugl Sanità - il progetto di smantellamento del San Filippo perché non solo depaupera l’ospedale, ma non tiene conto delle caratteristiche peculiari per le emergenze. Infatti il nosocomio vanta un pronto soccorso di II livello e si occupa di emergenze anche per cittadini provenienti da Civitavecchia, Viterbo, Bracciano e addirittura da Rieti. Copre tutto il territorio fino al confine con la Toscana».


Qualche giorno fa il personale del nosocomio si è riunito in assemblea per confutare il progetto di indebolimento della struttura sanitaria che, dicono, si ripercuoterà senz’altro sul Dea con tempi di attesa biblici per la terapia, ammassamento di traumatizzati con affezioni acute nei reparti di Osservazione breve e trasferimento presso altre sedi ospedaliere.
Con un risultato simile non si può dare credito a chi professa di voler riqualificare la sanità e potenziarla.

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