Sangue infetto in clinica: 40mila a rischio contagio

da Washington

Per 40mila persone residenti nell'area di Las Vegas in Nevada sono in arrivo altrettante lettere destinate ad aprire un incubo. I destinatari sono tutti pazienti di una clinica dove si praticano endoscopie, e sarebbero stati anestetizzati con siringhe riciclate. L'allarme, spiega la lettera firmata dalle autorità sanitarie locali, parla di rischio di epatite tipo B o C e del più terribile virus Hiv.
All'Endoscopy Center of Southern Nevada al 700 di Shadow Lane di Las Vegas fra il marzo del 2004 e il gennaio del 2008 i medici avrebbero infatti riutilizzato siringhe usate per pazienti precedenti, limitandosi solo a cambiare l'ago. Ad ognuna delle 40mila persone le autorità raccomandano di mettersi in contatto col medico di fiducia e di farsi sottoporre ai test per scoprire se hanno contratto l'epatite o sono diventati sieropositivi.
Nel corso di una conferenza stampa cui hanno partecipato sia i medici dell'Endoscopy Center che i responsabili della sanità, è stato rivelato che negli ultimi 30 giorni si sono riscontrati in Nevada ben sei casi di epatite C, mentre la media dello Stato è di soli due casi l'anno. Tre persone, fra le sei recentemente ammalate, erano state anestetizzate all'Endoscopy Center.
Il dottor Gladio Carrera, primario di gastroentorologia e medicina interna del centro, ha preso parola alla conferenza stampa per esprimere preoccupazione e solidarietà per le persone coinvolte e per quelle che scopriranno d'avere dei problemi causati dalle siringhe riciclate. Non ha però voluto rispondere ad alcuna domanda.
«Las Vegas - ha spiegato Joseph Perz, esperto di epidemie del Center of Deseases Control and Prevention di Atlanta - ha adesso il primato dell'allerta di carattere sanitario più massiccia che sia mai stata lanciata. Non riesco ad immaginare l'impatto che le lettere avranno su coloro che le stanno ricevendo».


Il direttore dell'agenzia sanitaria del Nevada Lawrence Sands ha aggiunto che gli eventuali casi di Aids emergeranno fra qualche mese, forse addirittura anni perché lo sviluppo della malattia dipende dallo stato di salute dell'individuo che viene a contatto col virus.

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