nostro inviato a Sanremo
Ma sì, un colpo al cerchio e uno alla botte: il martedì si prende per i fondelli il premier e il mercoledì i suoi acerrimi nemici Santoro e Saviano. Luca e Paolo sono i più furbi della Riviera: in una notte si sono studiati la par condicio. Dopo le polemiche sul loro motivetto della prima serata dedicato al bunga bunga, ieri hanno osato l’inosabile: fare satira sui più «buoni» del pianeta, sul simbolo del giornalismo duro e puro e su quello della lotta alla camorra. Ovviamente con toni più delicati di quelli riservati a Berlusconi, Luca e Paolo non hanno risparmiato neppure Luca di Montezemolo, Gianfranco Fini per arrivare fino al Papa. Ovazione in sala per il giochetto riuscito: lo sketch era costruito su un meccanismo per cui Luca sembrava dovesse alludere a Berlusconi mentre Paolo deviava verso altri obiettivi. A cominciare dal «super pelatone... Roberto Saviano». Insomma, i due sanno gestirsi bene. Tanto da aver praticamente rubato la scena alle canzoni che dovrebbero essere le vere protagoniste di una kermesse canora.
E stasera tocca a Benigni, pure lui artefice della scomparsa della musica da Sanremo: il solo annuncio della sua presenza ha scatenato un putiferio. Intanto, l’attore si è aggiudicato un buon cachet: i 250mila euro che aveva rifiutato per Vieni via con me. Secondo Morandi un premio Oscar come lui meritava il quadruplo, il consigliere lombardo della Lega Roberto Pedretti invita invece il comico toscano ad annunciare in diretta il suo compenso per vedere che effetto che fa. Comunque, per quale motivo questa sera Benigni riceverà tale lauta ricompensa? Il suo entourage e il direttore di Raiuno Mauro Mazza hanno assicurato che si eserciterà soltanto nell’esegesi dell’Inno di Mameli. Tema più che adatto per la serata del Festival dedicata alla celebrazione - in forma canora - dei 150 anni dell’unità d’Italia. Ma figuriamoci se il Roberto con l’elmetto, pur con tutto il rispetto per l’importante occasione, si limiterà a raccontarci chi era Mameli che scrisse il testo e chi Novaro che compose le musiche. Figuriamoci se si lascerà sfuggire l’occasione di prendere per i fondelli Berlusconi, il leitmotiv di tutti i suoi ultimi show, e non inzupperà il becco nel caso Ruby e nel freschissimo rinvio a giudizio del premier. Del resto la struttura degli interventi di Benigni (gli show sull’Inferno dantesco erano tutti così) è nota: una frase e via una lunga digressione sull’attualità, un’altra terzina e via un altro rimando sul presente. Poi con l’inno di Mameli, Benignaccio può andare a nozze. Già l’incipit: «Fratelli d’Italia, l’Italia se desta...» da cosa? Dalla situazione tragica in cui ci ha cacciato Berlusconi magari? E, poi, giù scorrendo il testo di Mameli: «Noi siamo da secoli calpesti, derisi, perché non siam popolo, perché siam divisi...». Derisi, per caso, dalla stampa internazionale per le lotte furibonde tra il premier e Fini? «Dall’Alpi a Sicilia Dovunque è Legnano...». Legnano? La sconfitta del Barbarossa? Insomma Bossi...
Del resto, in questo Festival, la Rai sembra aver fatto pace con se stessa. Fino a qualche mese fa gli altissimi vertici, Mauro Masi in testa, facevano fuoco e fiamme per cercare di impedire a Benigni di partecipare a Vieni via con me, la trasmissione di Fazio e Saviano. Ora, invece, fanno ponti d’oro - e allargano i cordoni della borsa - alla stessa persona che nel frattempo non ci sembra abbia cambiato opinioni.
Ah, dicevamo le canzoni dimenticate: ieri sono stati eliminati Al Bano e Patty Pravo. Si attende il ripescaggio.
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