Santa Giulia trasformata in una discarica tossica: «L’acqua è avvelenata»

Nel decreto che ieri ha portato al sequestro del cantiere di Santa Giulia, in almeno due occasioni, oltre alle colpe dei costruttori e dei loro complici, indagati per avvelenamento delle acque, si fa cenno esplicito alle colpe degli enti locali. Bipartisan: perché se le omissioni del Comune sembrano ricadere sulla amministrazione di centrodestra di Gabriele Albertini, le leggerezze della Provincia risalirebbero all’epoca in cui a Palazzo Isimbardi comandava il centrosinistra di Filippo Penati. Nel decreto di sequestro al Comune viene contestato soprattutto di avere fatto finta che, nei terreni dell’ex fabbrica Montedison, scorresse solo una falda d’acqua profonda, tra i dieci e i quaranta metri di profondità, e di avere ordinato analisi solo su di essa. Mentre un po’ più in su, tra i quattro e gli otto metri di profondità, c’è un’altra falda, chiamata «faldina» che è stata letteralmente imbevuta di veleni nel corso di questi anni, a causa delle mancate bonifiche. È vero che non alimenta l’acquedotto, ma si allontana verso i campi, imbeve i terreni, si travasa lentamente nelle falde inferiori. «Secondo l’Arpa emerge sia dai monitoraggi eseguiti sulle acque durante i lavori di bonifica, sia da quelli successivi, che non si è tenuto conto della falda sospesa, la cosiddetta faldina, benché se ne conoscesse l’esistenza sia da parte dei privati, sia da parte del Comune (...)».

Mentre per la Provincia il decreto segnala come nel febbraio 2004, nell’ottobre 2005 e nell’aprile 2008, i tecnici di Palazzo Isimbardi abbiano certificato altrettanti interventi di bonifica: compresa quella dell’area Pzc, una delle più compromesse. Quella bonifica che, rivelano le analisi dell’Arpa, in realtà non è mai stata fatta.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica